giovedì 14 aprile 2011

LUCA ZAIA: L'EUROPA CHE CI PIACE E' QUELLA DEI POPOLI

C’è un’Europa che non ci piace da mai. E c’è invece un’Europa che ci piace da sempre, quella delle patrie, piccole e grandi, delle identità e delle solide radici cristiane. Quella che abbiamo visto nei giorni scorsi non è di certo così. Per questo in qualche modo dobbiamo provare a reagire.

Di fronte a quello che potrebbe diventare un esodo biblico, oltre che un’emergenza umanitaria con pochi precedenti, quest’Europa che fa? Risponde picche e ciascuno Stato si chiude nel suo egoismo. E a dirlo non siamo solo noi, ma anche i più autorevoli media stranieri, compresi quelli francesi e tedeschi.

Noi la nostra parte la facciamo, e se ci sono anziani, donne e bambini, in fuga dalla guerra, la persecuzione e la fame, a cui dare riparo, non ci tiriamo certo indietro. Ma che questo si traduca nello scaricare su di noi tutto il peso di un fenomeno migratorio dirompente, non è giusto.

L’Europa sta, di fatto, addossando il fardello della gestione di tale fenomeno direttamente sull’Italia, quando il suo compito dovrebbe essere quello di fare da cassa di compensazione per tutti i territori.

Non è ammissibile che al di là di Ventimiglia – una frontiera che peraltro non dovrebbe neanche più esistere – vi sia un’oasi di pace, e al di qua vi siano migliaia di immigrati, con il permesso temporaneo, che vogliono varcare il confine ma non possono farlo. Questo per l’Europa significherebbe continuare a perdere l’occasione di dimostrare che è davvero una realtà politica. Non rimane che augurarsi che lo spirito e la lettera di Schengen vengano rispettati fino in fondo.

Poiché in questo contesto ci muoviamo, intanto dobbiamo reagire in qualche modo, per far comprendere alla Francia e all’Europa che noi siamo tutt’altro che afoni.

Siamo terra d’eccellenza: consumiamo allora i nostri prodotti, agroalimentari ma non solo, preferendoli a quelli stranieri, in particolare a quelli francesi.

Fin da quand’ero ministro dell’Agricoltura, mi sono battuto per questo. Il consumo dello Champagne, ad esempio, è diminuito del 66 per cento, una volta lanciata la campagna delle “bollicine italiane”.

Non è che i prodotti tipici ci manchino, anzi siamo primi nell’Ue per numero di denominazioni: non sentiremo la mancanza di qualche formaggio o di qualche ostrica, men che meno di qualche vino, visto che i nostri sono i migliori che ci siano.

Ma forse l’economia belga, per fare un esempio, risentirà di qualche turista italiano in meno, visto che ci hanno avvertito che effettueranno controlli severi su tutti i turisti. Di certo, meglio Venezia che Bruxelles.

Se lo si vuole chiamare boicottaggio, lo si chiami pure così. Intanto, è un modo per aiutare i nostri produttori, di cui peraltro una grossa fetta è in Veneto e nel Nord in generale.

Se questa è l’Europa che ci aspetta, un coagulo di egoismi il cui unico obiettivo è quello di pompare gli interessi delle multinazionali degli Ogm, allora davvero viene da chiedersi che senso abbia la sua esistenza. Che la critica, anche profonda, non venga presa come eversione. Rimane la speranza che l’Europa cambi rotta, e in fretta.

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