lunedì 30 aprile 2012

LEGA: MARONI, STANZIATI 3 MLN PER LE SEZIONI

Milano, 30 apr. (Adnkronos) - Il consiglio federale della Lega Nord, riunitosi questo pomeriggio in via Bellerio "ha deciso di stanziare 3 mln di euro recuperati da alcuni fondi e di metterli a disposizione delle sezioni e dei militanti e in parte per continuare il rimborso di chi e' stato vittima di credit euronord". Lo ha spiegato il triumviro Roberto Maroni al termine della riunione tenutasi nel pomeriggio in via Bellerio.

Assenteismo, il Comune record

di Stefano Livadiotti
Secondo i carabinieri a Boscoreale, sul Vesuvio, su 170 dipendenti ce ne sono 125 che non vanno a lavorare, o che dopo essere entrati in ufficio girano a zonzo per il Paese. Loro però rispondono: «E' un complotto dell'Arma»
(30 aprile 2012)
© Giuseppe Carotenuto/L Espresso
© Giuseppe Carotenuto/L'Espresso
 
Fannullopoli è adagiata sul versante sud-orientale del Vesuvio, 55 metri sopra il livello del golfo di Napoli, tra le vigne abbandonate che un tempo producevano il Lacryma Christi. Boscoreale, "Vuoscoriale" nell'impenetrabile idioma locale, è brutta. Sporca. E pure cattiva. Almeno secondo i carabinieri titolari dell'"Operazione Caos", che con le immagini registrate da telecamere nascoste e riversate in 700 dvd stanno portando avanti da mesi un'indagine da Guinness dei primati sull'assenteismo pubblico. Nel mirino sono finiti 125 dei 170 dipendenti comunali. Con ipotesi di reato che vanno dal semplice uso improprio del badge marca-tempo fino alla truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato, all'associazione per delinquere e al peculato.

Tutto comincia un anno e mezzo fa. E' il 2 settembre del 2010 quando una dirigente del Comune si presenta alle forze dell'ordine per denunciare il comportamento irregolare di un'impiegata, finendo per ammettere che in municipio l'osservanza di leggi e regolamenti è poco più che un optional. I carabinieri si mettono in moto. E, dal gennaio successivo, in due dei quattro stabili che ospitano gli uffici comunali un obiettivo ben camuffato inquadra le macchinette dove i travet vesuviani devono strisciare le tessere magnetiche per segnare gli orari di entrata e di uscita. Nell'aprile del 2011, dopo settimane di pedinamenti, scatta il primo blitz: 48 impiegati vengono arrestati. Quarantuno di loro passano la notte dietro le sbarre, nelle celle di sicurezza di Torre Annunziata, Castellammare di Stabia e Torre del Greco. Il giudice convalida l'arresto e infligge loro (si fa per dire) due mesi di sospensione dal lavoro. Ma è solo l'inizio. Nel frattempo, infatti, gli uomini dell'arma hanno iniziato a visionare i filmati registrati nei primi quattro mesi del 2011. Dentro c'è di tutto. Compresa la coppia di impiegati assenteisti che se ne va a spasso per il paesone con la Fiat Panda del Comune e alla fine del tour parcheggia la vetturetta nel cortile di casa. Così, mercoledì 11 aprile, altri 84 dipendenti ricevono l'avviso di fine indagine. I giornali locali infieriscono: "Ecco il comune dei fannulloni", titola il giorno dopo "Il Mattino" di Napoli. E nella piazza principale le fotocopie degli atti passano di mano in mano. Fino al tardo pomeriggio, quando la brezza che soffia dalle discariche rende l'aria irrespirabile e i 27 mila boschesi tornano a chiudersi in casa come se ci fosse il coprifuoco.


Il sindaco Gennaro Langella © Giuseppe Carotenuto/L Espresso
Il sindaco Gennaro Langella
© Giuseppe Carotenuto/L'Espresso
 
Al secondo piano dello sgarrupato municipio, già due volte commissariato per infiltrazioni camorristiche, il sindaco Gennaro Langella non sa che pesci prendere, stretto com'è tra i suoi dipendenti e i cittadini-elettori, che gli chiedono a gran voce di usare il pugno di ferro, licenziare tutti e assumere un po' di giovani disoccupati. Così, in attesa che la magistratura emetta il suo giudizio, ha deciso di nominare una commissione. Non senza incontrare qualche difficoltà, ha dovuto ammettere, dal momento che i dipendenti non indagati sono ormai merce rara.

Commercialista cinquantenne e barbuto, eletto nel 2008 al ballottaggio con il 54 per cento dei voti nella lista di Forza Italia, e poi uscito dal partito per divergenze sulla gestione dell'emergenza monnezza, Langella è provato. E si lascia andare: "La verità è che se i carabinieri avessero messo le telecamere anche all'ingresso degli altri uffici avrebbero finito per prendere in castagna l'intero organico comunale, tranne forse due o tre dipendenti in permesso sindacale e un altro paio con regolare certificato medico". Poi, sotto lo sguardo perplesso dei più stretti collaboratori, e con i sindacalisti dei travet che premono dietro l'uscio, il primo cittadino tenta di aggiustare un po' il tiro: "Gli assenteisti veri sono al massimo una decina; in tutti gli altri casi si tratta del semplice malcostume di dipendenti che, senza neanche rendersi conto di violare la legge, si sono abbonati qualche minuto di lavoro, come accade regolarmente negli uffici pubblici di tutta l'Italia".
 
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/assenteismo-il-comune-record/2179309/1111?google_editors_picks=true
 

domenica 29 aprile 2012

La "giustizia a orologeria" ricompatta la Lega

Bossi, Maroni e Calderoli: "Attacco mediatico-giudiziario a ridosso del voto perché siamo i soli a opporci a Monti"
Milano - E anche nelle Lega è scoccata l’ora della «giustizia a orologeria». Perché dopo i giorni delle contrapposizioni e delle faide interne, dei dossier e degli interrogatori avvelenati, il nuovo spartito su cui cantar nuovamente in coro è la teoria del complotto: di magistrati e giornalisti, tutti uniti per affondare l’unica vera opposizione al governo Monti che affama il Paese e non taglia gli sprechi.
Umberto Bossi
Umberto Bossi
E così torna la sintonia tra un Umberto Bossi che fa capire di non voler rinunciare a dettar la linea del partito e Roberto Maroni che, pur delfino designato, rivela sempre grande disponibilità ad accettare le indicazioni di quello che rimane comunque «il Capo». E a stonare non è certo Roberto Calderoli. Ciò che sta succedendo «è un attacco politico», ha tuonato l’altra sera Bossi a Crema.
E a Conegliano ieri ha proseguito: «La Lega non è il Partito socialista, il Psi che aveva rubato i soldi e ha preso tangenti. La Lega i soldi li avrà sprecati, ed ora è meglio che venga fuori tutto per ripartire. Nonostante le pietre prese - ha insistito - la testa è dura quindi si va avanti. Dopo la batosta correremo più di prima». Lui stesso. Assicura: «Non posso ritirarmi, altrimenti la gente penserebbe che altri hanno colpe. Io ho fatto la Lega». E sui legami con la ’ndrangheta tuona: «Da noi ci sono solo lombardi e veneti, non ci sono mafiosi».
Maroni, nel suo tour elettorale tra Veneto e Lombardia, punta il dito sulle coincidenze nelle inchieste: «Le tangenti di Finmeccanica alla Lega sono una panzana colossale. Dieci milioni non sono mai entrati», assicura ricordando di aver dato mandato agli avvocati per chiedere «10 milioni a chi ha detto questa panzana, così facciamo pari e patta». E dunque, anche per lui «quello alla Lega è un attacco mediatico senza precedenti», concomitante a un’indagine giudiziaria «iniziata nel 2011 e saltata fuori a pochi giorni dal voto». Riguardo a Finmeccanica le indagini sono di ottobre 2011 e «chissà come mai sono saltate fuori prima delle elezioni. Non voglio pensare male: diciamo che la burocrazia, i tribunali e la lentezza hanno fatto sì che tutto quanto sia stato tenuto nei cassetti per 6 mesi». Ora «ognuno si fa l’opinione che crede, ma di fatto - aggiunge Maroni - questa rivelazione basata su un “ho sentito che qualcuno dice che” e riferita a fondi creati all’estero per finanziare i partiti, è diventata nei titoli del giornali “dieci milioni di tangenti alla Lega”». Secondo Maroni «una cosa vergognosa è un attacco mediatico senza precedenti alla Lega». Toni ancor più accesi per l’europarlamentare Matteo Salvini per cui «l’unica forza di opposizione a un governo fascista è massacrata come neanche nel Ventennio». I soldi? Per Calderoli «all’interno del movimento nessuno sapeva quelle cose lì». Però «si guarda al pelo nel nostro occhio e non alla trave nel loro: noi siamo andati a controllare i nostri conti, abbiamo nominato anche la Kpmg, una società di controllo esterna e risulta che il partito è sano». Poi l’autocritica. «Certo, se avessimo evitato quelle cazzate della Tanzania sarebbe stato meglio».
Ma dopo la protesta, spazio alla proposta. Che per la Lega significa opposizione feroce al governo fatta difendendo la piccola e media impresa dissanguata dalle tasse e da uno Stato che non paga i debiti. E appoggio a chi è alle prese con l’Imu. Il tutto spiegato da Maroni in un convegno organizzato ieri a Milano da Salvini e a cui hanno partecipato Oscar Giannino, il prossimo numero uno di Confindustria Giorgio Squinzi e il sindaco «arancione» Giuliano Pisapia. Che alla Lega non chiude la porta: «Se su battaglie giuste c’è possibilità di unità di intenti e d’azione, credo che sia dovere di un amministratore perseguirle». Microfono a Maroni che per il «Lega Unita Day» del 1° maggio a Zanica (Bg) anticipa la proposta del Carroccio ai Comuni per «disdire il contratto con Equitalia, assumendoselo in proprio o affidando il compito a un altro ente».
Passo già fatto dai sindaci di Calalzo (Belluno), Morazzone (Varese) e Vigevano (Pavia) e secondo tempo della già annunciata «protesta fiscale» sull’Imu.
Tassa ingiusta, spiega Maroni, «già abolita quando noi eravamo al governo con Berlusconi perché colpisce la prima casa, un investimento affettivo e non certo speculativo degli italiani». Poi la nuova frontiera. Basta Baviera o Catalogna, il federalismo leghista ora si declina secondo il «modello Friuli», dove per il Patto di stabilità i Comuni si regolano con la Regione e non con lo Stato. Il Friuli che trattiene la maggior parte delle tasse, evitandole di «versarle nel calderone romano dove finiscono negli sprechi e non in investimenti».

sabato 28 aprile 2012

Crisi: Zaia, Via le tasse agli imprenditori che avanzano crediti dallo stato

(ASCA) - Conegliano (Tv), 28 apr - ''Mi fa piacere che il segretario del Pdl Angelino Alfano abbia proposto, da Conegliano, che siano tagliate le tasse agli imprenditori che avanzano crediti dallo Stato. Ci deve essere, insomma, una compensazione tra debiti e crediti. Io lo sto dicendo da una vita''. Lo ha affermato Luca Zaia, governatore del Veneto, a margine di un incontro elettorale che avra' come protagonista, a breve, Umberto Bossi.

''Penso anche - ha aggiunto Zaia - che un paese civile non puo' avere uno Stato che non paga i debiti''.

Lega Nord: Zaia, Bossi e' Bossi e basta

(ASCA) - Conegliano (Tv), 28 apr - ''Bossi e' Bossi e basta.

E non c'e' da porsi dei problemi se uno e' Bossiano o no, perche' il nostro leader e' la storia del movimento''. Lo ha detto Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, a margine di un incontro elettorale con Umberto Bossi. Soffermandosi poi sui congressi, Zaia ha aggiunto che ''il rinnovamento non si fa con i giornali ma con i congressi''.

Pdl-Lega: Maroni ad Alfano - "I militanti vogliono andare da soli"


Pdl-Lega: Maroni ad AlfanoI militanti vogliono andare da soli

(AGI) - Milano, 28 apr. - Roberto Maroni ha ribadito che la sede in cui Lega Nord decidera' le alleanze per il futuro e' il congresso federale del 30 giugno-1 luglio. Sara' una decisione "autonoma", ha spiegato il triumviro del Carroccio, stamane a Jesolo, respingendo, per ora al mittente, il 'pressing' di Angelino Alfano che ha aoerto a un rinnovo dell'alleanza. L'ex ministro dell'Interno ha poi confermato che, durante il tour elettorale che sta facendo in varie citta' del Nord, i militanti gli chiedono di andare da soli anche alle politiche del 2013.

PATTO BILANCIO UE E' SOPRUSO, FAREMO BATTAGLIA
"Mi auguro che il Parlamento italiano non lo ratifichi: su questo faremo una battaglia straordinaria". Cosi' Roberto Maroni sul patto di bilancio europeo. Durante un incontro pubblico, a Palazzo Marino, con Giuliano Pisapia e Giorgio Squinzi, il triumviro della Lega Nord ha definito il 'fiscal compact' un "vero e proprio sopruso che l'Europa sta facendo nei confronti degli Stati membri". Si tratta di un accordo "scellerato", perche' rappresenta "non solo la cancellazione della capacita' di gestione delle risorse da parte degli Stati membri, ma anche della sovranita' popolare". "Avremo un sistema europeo che governa persino la funzione fondamentale del Parlamento, come gestire i soldi dei cittadini", ha affermato. "Lasciamo ai nostri Paesi - ha detto - la decisione su come gestire i soldi dei nostri cittadini". "Se fossi francese non voterei Francois Hollande", ha aggiunto con riferimento al candidato socialista alle presidenziali francesi, risultato vittorioso al primo turno. "Ma - ha aggiunto - condivido quello che ha detto sul 'fiscal compact'". (AGI) .

Lega: Bossi, "Io non mi ritiro" Grillo togliera' voti alla sinistra

Lega: Bossi, Io non mi ritiroGrillo togliera voti alla sinistra
20:17 28 APR 2012  
(AGI) - Treviso, 28 apr. - Bossi spera che i giorni peggiori per lui, e per la Lega, passino. "Vivo male questi momenti - confessa alle telecamere a Conegliano - non avevo capito chi era quello li'", dice riferendosi all'ex tesoriere Belsito, anche perche' "cercava di agganciare i miiei figli".

"La Lega continuera', non finira'. Le parti sbagliate si cambiano", assicura. Quanto alla possibilita' di lasciare lui stesso la politica, Bossi dice: "Non posso ritirarmi, altrimenti la gente penserebbe che altri hanno colpe. Io - sottolinea - ho fatto la Lega. La gente non lo dimentica".

VENGA FUORI TUTTO. NON SIAMO PSI, NON CI SCONFIGGONO
Meglio che venga fuori tutto: Umberto Bossi sbarca a Conegliano (Treviso) e, davanti a qualche centinaio di militanti, tiene un comizio e taglia una torta con la scritta Padania.
"E' meglio che venga fuori tutto - ha detto Bossi dal palco riferendosi alle inchieste sulla Lega - la Lega non e' il Psi che rubava alla gente e si faceva pagare le tangenti. La Lega non ha rubato niente, ha sprecato soldi e chi li ha sprecati li restituira'". Bossi ha aggiunto: "Non c'e' alcun risvolto penale, la pena e' passare attraverso tv e giornali. Noi non abbiamo rubato alla gente. E' un tentativo di Roma per dividere il movimento.
Non si puo' sconfiggere il Nord, e' inutile che Roma se la meni...". Il leader leghista ha aggiunto: "La Padania sara' comunque libera".

GRILLO PORTERA' VIA VOTI ALLA SINISTRA NON A NOI
L'antipolitica? Non andra' lontano. Umberto Bossi commenta gli ultimi comizi di Beppe Grillo: "Sono convinto che i partiti e la democrazia non spariranno - ha detto il senatur - Grillo cavalca il momento, spera di prendere piu' voti ma li portera' via alla sinistra.
Loro si' che sono preoccupati, molto piu' di noi". Quanto alle vicende che riguardano Pergiorgio Stiffoni, "non ne so niente", ha tagliato corto. (AGI) .

Riflessione economica tasse crescita - di Oscar Giannino


La risoluzione con cui Pd, Pd e Terzo Polo hanno accompagnato ieri l’approvazione del Documento Economico-Finanziario del governo è apprezzabile, e insieme è una solenne presa in giro. Così funzionava l’Italia della destra e della sinistra. Allo stesso modo, purtroppo, quella dei tecnici. E una presa in giro è tanto più abominevolmente sanguinosa, quanto più incide una ferita aperta. 

La risoluzione richiama energicamente il governo di emergenza al punto di fondo finora trascurato. L’appello a concentrare tutte le iniziative possibili sulla crescita economica si coniuga infatti con un netto richiamo a significative riduzioni della spesa pubblica attraverso la spending review, riduzioni che vengano sommate al gettito riscosso da evasione fiscale per coprire contestuali abbattimenti della pressione fiscale sull’Italia “legale”, asfissiata da una crescente e vieppiù intollerabile pretesa da parte dello Stato. Trattandosi di una mera risoluzione, però, è come fosse acqua fresca. Non succederà nulla. Quel che è peggio, significa che la politica ha perfettamente chiaro l’errore di fondo della politica di bilancio. Ma si limita a dire a Monti “ora te l’ho detto eh, poi fai tu”.

A questa risoluzione si è verosimilmente giunti per tre ragioni diverse. La prima è che in 5 mesi la maggior delusione del governo Monti è rappresentata proprio dalla mancata indicazione di quei 5-6 punti di Pil di spesa pubblica da taglia e in un triennio – come hanno fatto altri grandi Paesi prima della crisi, come Germania e Svezia – in modo da aprire spazi a parità di equilibrio di bilancio per allentare un pressione fiscale record. Le recenti ammissioni di Piero Giarda, al quale la spending review era stata affidata , che al più ne verrà solo una mera manutenzione della spesa, abbatte ulteriormente fiducia e aspettative su consumi e domanda interna: perché confermerebbe il poco invidiabile primato italiano, quello cioè del Paese europeo che attualmente effettua la sua manovra di rientro basandosi per oltre due terzi solo su più elevate imposte, partendo da una situazione in cui esse sono già molto più alte della media europea.

La seconda ragione è che finalmente i partiti sembrano trovare la forza di indicare una via alternativa, per l’abbattimento del debito pubblico in modo non recessivo: non più attraverso inasprimenti fiscali a spesa invariata, bensì con energiche cessioni dell’attivo pubblico, a cominciare dai 500 miliardi – a valori non di mercato – già censiti nell’attivo patrimoniale del tesoro e liberi da vincoli (nessuno pensi che si tratti del Colosseo, monumenti o parchi, in altre parole). Tale linea è di elementare buon senso: è col patrimonio che si affonta un problema patrimoniale come il debito, mentre il conto economico va tenuto in equilibrio al più basso livello efficiente di spesa e tasse per non ostacolare la crescita. Eppure è anch’essa mancata dalle intenzioni e dalle iniziative del governo Monti. Come per altro anche dalle richieste dei partiti, sin qui.

Infatti, il terzo elemento che spiega la risoluzione di ieri è rappresentato dal fatto che, in realtà, i partiti smentiscono innanzitutto se stessi. Prima dei cinque mesi di governo tecnico, sono stati gli anni precedenti governati da destra e sinistra ad aver sempre inseguito gli aumenti di spesa corrente con più tasse, senza mai cedere asset pubblici per diminuire il debito. Sotto il morso degli spread, gli errori di quella politica ventennale si tramutano in una vera e propria moria di imprese e nell’abbassamento del reddito disponibile delle famiglie. Dipende da questo – e dalla bassa produttività accumulata in 15 anni – la peggior performance dell’economia italiana rispetto ad altri Paesi europei.

Oggi, i sondaggi in calo dei partiti in vista delle amministrative, per la protesta e la sofferenza vivissime espressi da lavoratori dipendenti e artigiani, commercianti e partite Iva oltre che da imprese di ogni tipo, un calo di fiducia che si tocca con mano anche nei consensi a Monti, producono finalmente l’effetto di una prima inversione di marcia. Ma naturalmente ai partiti interessa solo mettere Monti in mora: mica hanno davvero contestato e riscritto dalle fondamenta quel che c’è scritto nel DEF, che è tutt’altro. Una commedia, purtroppo.

Nelle stesse ore, l’enfasi – invero un po’ eccessiva, l’ego professorale continua a montare – con cui Monti, a Bruxelles, rivendicava addirittura di aver “imposto” il tema della crescita nell’agenda europea. Per i gongolii della stampa mainstream antigermanica, viene così assecondata l’idea che la Germania sia sempre più sola nella sua richiesta di rigore, dopo la crisi del governo olandese, la vittoria di Hollande che si profila in Francia, le difficoltà crescenti spagnole e portoghesi. Sarebbe meglio essere realisti: prima che si vedano effetti sulla recessione italiana dell’apertura a più concorrenza e più import della Germania, o di eventuali eurobond per finanziare infrastrutture, passerà lungo tempo.

Invece è il fisco la leva più immediata per determinare conseguenze di rilancio di redditi per lavoro e impresa, consumi e investimenti. Dunque, invece di attendere la crescita che viene dall’Europa, per l’Italia la sua spesa pubblica e le sue entrate monstre sono il problema numero uno da affrontare, se non vogliamo che il reddito delle famiglie in termini reali e a parità di potere d’acquisto arretri alle condizioni di 30 anni fa, da quasi 20 dove è già ridotto oggi.

Da un recente studio Eurostat ieri rielaborato dall’Istituto Bruno Leoni, la conferma che nel 2010 la pressione fiscale italiana era già di 5 punti percentuali superiore alla media comunitaria. Un gap in via di ulteriore peggioramento di un altro punto e mezzo, per le misure assunte nel 2011 da destra e tecnici. Rispetto all’Europea tassiamo meno i consumi e molto di più il lavoro e le imprese. L’Italia ha la seconda aliquota implicita sul reddito d’impresa più alta d’Europa, 9 punti sopra la media. Sul lavoro incide un’imposta del 42,6% che crescerà con la riforma Fornero, contro una media europea del 32,9% che è invece in calo.

Per questo Mario Draghi, due giorni fa, ha lanciato un monito a Monti. Tasse e spesa pubblica devono scendere e di molto, per crescere. Che non si possa fare, o che si tratti ancora di studiare come, sono penose frottole per chiunque segua da anni la finanza pubblica italiana ed europea. A patto di non voler tutelare le vastissime sacche di inefficienza del nostro settore pubblico. La spesa per welfare italiana è meno della metà della spesa pubblica totale, dunque è falso che tagliar spesa significhi tagliare servizi. Soprattutto, l’Europa è piena di buoni esempi da seguire.

Ricordava ieri Tobias Piller, corrispondente della Frankfurter Allgemeine in Italia, l’esempio In Germania dei 3 Laender che tengono da anni il bilancio a deficit zero: la Baviera sotto il centro destra dal 2006, la Sassonia anch’essa di centro destra dal 2006, il Mecklenburg-Vorpommern governato invece dalla sinistra. La Sassonia, con un bilancio intorno a 15 miliardi, spende meno di 4 miliardi per personale e quasi 3 miliardi per investimenti, e il deficit è rimasto zero anche negli anni di crisi. Hanno pressione fiscale di oltre 4 punti inferiore alla nostra, eppure hanno continuato a tagliare spesa, riducendo sedi, uffici, personale.

In Italia, sotto Draghi lo ha fatto la Banca d’Italia. Lo Stato, al contrario di quanto molti dicono, è riuscito a malapena a diminuire il tasso di aumento della spesa, tagliando le Autonomie. Far diminuire la spesa pubblica per meno tasse e più crescita, resta tutto da fare. Prima che sia troppo tardi. Purtroppo, sembra proprio che non avverrà. Chissà se è davvero matura, una forza politica nuova e minoritaria, che si batta per questo obiettivo prioritario, con poche persone credibili per titoli, conoscenza e valori. Ce n’è un sempre più disperato bisogno.

di Oscar Giannino

venerdì 27 aprile 2012

Egitto: si potrà fare sesso con il cadavere della propria moglie

Una nuova norma in discussione introduce la possibilità di avere rapporti con il corpo della consorte morta da meno di sei ore

Fare sesso con la propria moglie morta. In tutto il mondo è necrofilia. In Egitto, presto, potrebbe diventare legale. Secondo quando riporta il Daily Mail, è stata inserita una nuova norma in un pacchetto di provvedimenti che il parlamento, a maggioranza islamica, voterà a giorni. L'unico limite è quello temporale: si potranno avere rapporti sessuali col cadavere della consorte solo entro le prime sei ore dopo il decesso. Alla legge è stato dato il grottesco nome di "Rapporto d'addio". Tra le altre norme in discussione, l'abbassamento dell'età matrimoniale a 14 anni e l'eliminazione del diritto per le donne di avere istruzione e impiego.
Polemiche furibonde - Subito si è scatenato un dibattito, con reazioni molto accese. Il consiglio nazionale egiziano per le donne ha afferma: "Queste leggi emarginano e indeboliscono la condizione delle donne incidendo negativamente sullo sviluppo del paese". Anche i media egiziani si sono schierati apertamente contro la legge. Il conduttore televisivo Jaber al-Qarmouty ha affermato il suo sdegno nei confronti del rapporto d’addio: "La questione è davvero seria. Sarebbe una catastrofe dare ai mariti un tale diritto sulle proprie mogli. Davvero la tendenza islamica si è spinta a tal punto? Ci sono davvero persone che la pensano in questo modo?". La notizia è in prima pagina su tutti i media egiziani, anche se c’è chi sostiene che la legge non esista e si tratti di un depistaggio operato da giornalisti leali all’ex presidente Mubarak.


Zaia: "Irpef aumentata per colpa di Monti"

Rovigo, 27 aprile 2012 - Appena arrivato a Badia Polesine si trova davanti un cittadino che gli domanda: «E alora semo pronti?», «Semo pronti le na parola grossa» gli risponde Zaia, il cittadino aggiunge «se non facciamo il federalismo siamo finiti», il governate del Veneto annuisce e va ad iniziare il comizio.
Il presidente del Regione ieri era in tour per sostenere i candidati leghisti alle prossime elezioni. Nell’occasione si è espresso sulla sanità in Polesine: «La mia posizione è risaputa, sono per una unica Ulss», dicendo inoltre che «bisogna puntare ad una sanità di elevata qualità e investire in tecnologia, in base a scelte territoriali oculate, non ci sono cittadini di serie A o di serie B». Sulla centrale di Porto Tolle, Zaia conferma che la linea che si condivide è quella della riconversione a carbone: «Abbiano vicino a noi Enel e i sindacati, per un affare da 2 milioni e mezzo di euro, non c’è altra soluzione, c’è solo il piano A, non esiste un piano alternativo se non quello che intendiamo perseguire perché riprenda l’attività».
Sul patto di stabilità che attanaglia le amministrazioni, il presidente spiega che bisognerebbe ignorarlo. «Ma non posso farlo da solo, sarebbe una follia, diversamente, la richiesta dovrebbe arrivare in modo trasversale». Ha ribadito il fatto che se l’Irpef è aumentata «è per colpa di Monti». In Veneto ci sono molti imprenditori che si suicidano, «ma va anche detto che il problema del debito insoluto non riguarda solo quanto dovuto dal pubblico all’impresa privata, tante situazioni tragiche accadono perché è il privato che non paga il privato». In merito ad una sua possibile candidatura ai vertici della segreteria nazionale, Zaia smentisce categoricamente tale possibilità: «Ho un patto fino al 2015, da rispettare con gli elettori, un patto che intendo onorare fino in fondo, per una carica di livello nazionale occorre una persona a tempo pieno».
Dopo il saluto di Antonietta Giacometti, il segretario provinciale della Lega Antonello Contiero ha affermato: «A Badia abbiamo puntato su Barbara Tomì, una persona che non ha esperienza politica, ma ha grande volontà e dedizione». Non era presente a Badia l’onorevole Emanuela Munerato impegnata in Parlamento a Roma. Infine il governatore Zaia, prima di recarsi a Lusia per un altro breve comizio, ha ricordato che in Regione c’è un patto Lega Pdl che funziona e che grazie al suo partito è stato ridotto il numero dei consiglieri regionali, ridotta la loro indennità, a non più di due mandati, via vitalizi e pensioni, che è stata approvata una nuova legge elettorale, ed un nuovo statuto regionale. Per Barbara Tomì: « Zaia è un punto di riferimento ha realizzato tutti i suoi obbiettivi senza compromessi, come voglio fare anch’io».


Calderoli: "Contro di noi complotto del sistema non dei pm"

LUCCA – ''Non ho mai pensato ad un complotto dei magistrati. Che ci sia un'azione del sistema contro l'unico partito antisistema mi sembra evidente''. Lo ha detto Roberto Calderoli a Lucca prima del suo intervento all'incontro organizzato a sostegno del candidato sindaco della citta' per la Lega Nord Antonio Trapani.
''E' chiaro – ha aggiunto Calderoli – che non potevano permettersi che ci fosse una voce fuori dal coro che facesse non solo proteste ma anche proposte''.

LEGA: MARONI, CONGRESSO FINE GIUGNO SVOLTA VERSO NUOVA FASE

Trieste, 27 apr. - (Adnkronos) - ''C'e' un congresso federale il 30 giugno e il primo di luglio. E' un passaggio importante per noi perche' segnera' la svolta verso una nuova fase nella vita della Lega, importante e stimolante'. Lo ha affermato l'onorevole R...oberto Maroni, parlando con i cronisti a Duino Aurisina (Trieste) a margine di un incontro elettorale. 'Li' non solo si eleggera' il nuovo segretario federale - ha detto Maroni - ma sara' un congresso importante perche' vogliamo che sia un congresso dove si discutono le tesi, l'aggiornamento dei nostri programmi alla luce di quello che e' successo in questi ultimi mesi'.

L'esponente del Ccrroccio ha anticipato che 'inoltre discuteremo della crisi dell'Europa che non ci piace, della crisi delle istituzioni europee, il nuovo modello di Europa che noi vogliamo lanciare e anche il tema delle alleanze'. Per poi concludere: 'Visto quello che succede a Roma, visto l'atteggiamento dei partiti, penso che la Lega debba fare una seria riflessione, e cioe' se sia ancora utile tentare la via riformista a Roma, al Parlamento e con gli altri partiti'.

Censimento: siamo 59, 5 milioni, stranieri triplicati in 10 anni

(AGI) - Roma, 27 apr. - La popolazione residente in Italia e' pari a 59.464.644 individui, dei quali 28.750.942 di sesso maschile e 30.713.702 femminile. Sono i primi risultati del 15esimo censimento generale della popolazione italiana svolto dall'Istat, che ha diffuso le cifre in una conferenza stampa nonostante una protesta dei precari dell'istituto davanti alla sede.
Il rapporto sottolinea come la popolazione residente in Italia sia passata dai circa 56 milioni 996mila persone nel 2001, a quasi 59milioni 465mila persone nel 2011. Tuttavia, tale aumento e' dovuto alla forte crescita degli stranieri residenti nel Paese, il cui numero e' triplicato rispetto al 2001 a fronte di una inequivocabile staticita' demografica della popolazione di cittadinanza italiana (aumentata di sole 34mila unita' rispetto al 2001). Nel corso del censimento e' emerso che 63,4 persone su 1000 sono stranieri.
Due stranieri su tre dei circa 3 milioni e 770mila che vivono in Italia risiedono nell'Italia settentrionale, e in particolare nel nord-ovest dove oggi si concentra il 36% degli stranieri. Anche l'incidenza relativa della popolazione straniera su quella complessiva e' assai piu' elevata nel Nord-Ovest (85,9 per mille abitanti) e nel Nord-Est (93 per mille) rispetto al Mezzogiorno (24,3 per mille) e le Isole (21,2 per mille).
Nondimeno nel corso del decennio e' cresciuto del 192% anche il numero di stranieri abitualmente dimoranti nell'Italia meridionale.
Inoltre in dieci anni in Italia - segnala l'Istat - c'e' stato "un aumento vertiginoso" del numero delle famiglie che dichiarano di abitare in baracche, roulotte, tende o abitazioni simili: nel 2011 sono 71.101, a fronte delle 23.336 del 2001. Roma e' il Comune piu' popoloso d'Italia con 2 milioni 612mila 68 residenti.
Pedesina, invece, risulta invece essere il Comune piu' piccolo del Paese con trenta anime, mentre quello piu' densamente popolato e' Portici (Napoli) e quello meno Briga Alta (Cuneo). Il censimento rivela inoltre che nei sei Comuni piu' grandi (Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo e Genova) negli ultimi decenni si e' assistito a un lento ma progressivo decremento di popolazione e i primi risultati sembrano confermare questa tendenza, ad eccezione di Torino e Roma che, rispetto al censimento del 2001, hanno una popolazione che e' cresciuta.

giovedì 26 aprile 2012

La proposta di Maroni: "Al non profit i soldi della Lega"


ROMA – ''Elargire al no profit l'ultima tranche dei rimborsi elettorali, circa 100 milioni di euro che i partiti dovrebbero incassare entro la prossima estate'' Lo propone Roberto Maroni in un'intervista al settimanale ''Vita'' spiegando le ragioni di questa scelta. Ragioni che molto hanno a che fare con la nuova strategia elettorale della Lega: affiancare alla lista ufficiale, una squadra di liste civiche di supporto.
''Non si tratta di 'captatio benevolentiae' – spiega l'ex ministro del Carroccio – a chi gli chiede se la proposta non sia percepita come un tentativo da parte della Lega di rifarsi il look agli occhi degli elettori – ma di una scelta che nasce dai nostri bilanci, che dicono che siamo perfettamente in grado di autofinanziarci, senza bisogno di rimborsi. Tanto piu' che quei soldi non sono ancora arrivati nelle casse dei partiti e senz'altro meritano una destinazione migliore. Per esempio il mondo del volontariato e del non profit".
''L'importo preciso – spiega – non lo conosciamo ancora. Ma è una cifra che verosimilmente si attesta fra i 12 e i 13 milioni''. Alla domanda circa i criteri di assegnazione dei fondi ''dobbiamo ancora individuarli. Alla Padania – chiarisce Maroni – abbiamo fatto una tribuna aperta chiedendo ai nostri lettori di indicarci qualche criterio. Addirittura ci hanno chiamato dei preti che volevano i soldi per la parrocchia o l'oratorio. Ma su questo siamo pronti a confrontarci con chi rappresenta le associazioni del terzo settore, anche se la chiusura dell'Agenzia certo non aiuta''.
Maroni nega, rispondendo in proposito che questi fondi finiranno ad associazioni nell'orbita leghista: ''Non sara' cosi'. Anzi – aggiunge – colgo l'occasione per chiedere formalmente a questo settimanale Vita di farci da coordinatore di questa iniziativa. Penso a una collaborazione per cui noi mettiamo a disposizione questa somma e Vita ci fornisce dei criteri per indirizzare questi fondi (che una volta incassati saranno subito congelati su un conto corrente) nel modo migliore, magari attraverso un bando. Vorrei che Vita fosse il nostro advisor. In questa operazione non c'e' nessun trucco, davvero''.
Successivamente il settimanale ''Vita'' ha rettificato che ''i milioni che Lega ricevera' dal rimborso elettorale e che destinera' al 'no profit' sono 17 e non fra i 12 e i 13 come erroneamente comunicato nel lancio mandato in mattinata''.

LEGA NORD: DATO MANDATO AI LEGALI DI AVVIARE AZIONI LEGALI, SIA CIVILI CHE PENALI, VERSO CHIUNQUE ACCOSTI IL NOME DELLA LEGA A VICENDE DI TANGENTI


La Lega Nord, dopo aver effettuato le opportune verifiche al riguardo, ha dato mandato ai propri legali di procedere legalmente (sia con azioni civili che penali) nei confronti di Lorenzo Borgogni e di tutti coloro che, a vario titolo, hannoassociato, associano o assoceranno il nome della Lega Nord a vicende di tangenti.
La Lega Nord, attraverso i suoi legali, promuoverà pertanto tutte le azioni necessarie, nelle opportune sedi competenti, al fine di ottenere un risarcimento non inferiore ai 10 milioni di euro da chi ha associato il suo nome, o lo assocerà, a vicende di tangenti.

venerdì 20 aprile 2012

LEGA:SALVINI,FIDUCIA IN PERSONE SBAGLIATE,SIN.PA DA CAMBIARE CASA CALDEROLI? NEANCHE PER LA MAFIA UN PROCESSO COSI'


(ANSA) - ROMA, 20 APR - "Ora raggiungiamo livelli di paranoia e farsa di chi investiga e dei giornali che pubblicano queste notizie. Alla Lega si sta facendo da 15 giorni un processo che neanche alla camorra e alla mafia e' stato fatto". Matteo Salvini ai microfoni di Radio24 parla della casa romana di Calderoli, del Sindacato Padano di Rosy Mauro e delle vicende che hanno coinvolto il Carroccio.
"Evidentemente - dice a proposito della bufera che travolge i vertici lumbard - avevamo riposto fiducia in gente sbagliata e stiamo pagando e pagheremo elettoralmente" spiegando che "moralmente va usato bene ogni centesimo di euro che arriva dal contribuente o dal militante. Anche se non c'e' reato non fa niente, bisogna essere rispettosi del denaro". 
Una battuta anche sul Sin.Pa. di Rosi Mauro: "Ho provato a lavorarci piu' di una volta ma, onestamente, non ho mai trovato grandi riscontri. In futuro potra' essere condotto in maniera piu' efficace, visto che purtroppo non mi sembra che abbia centinaia di migliaia di iscritti".

LEGA: NESSUN INCONTRO BOSSI-MARONI PER IMPEGNI ELETTORALI

(ANSA) - MILANO, 20 APR - Non ci sara' alcun incontro oggi tra Bossi e Maroni, e non era del resto neppure previsto, secondo quanto ha appreso l'ANSA, poiche' entrambi sono impegnati in incontri pubblici in zone diverse per la campagna elettorale. Del possibile incontro tra i due era circolata voce dopo la notizia del dossier su Maroni. Ieri sera Bossi aveva spiegato di non ''sapere nulla'' del dossier in questione.

CRISI: ZAIA A MONTI, SERVE RISPETTO PER IMPRENDITORI SUICIDI QUESTIONE NON PUO' ESSERE LIQUIDATA COME FA IL PREMIER


(ANSA) - VICENZA, 19 APR - ''Monti venga ad esprimere i suoi concetti in Veneto e noi gli spiegheremo la situazione che viviamo in questo momento''. E' l'invito, non senza una punta di polemica, del governatore del Veneto Luca Zaia al premier Mario Monti, dopo le sue dichiarazioni sui suicidi di imprenditori.
''Ci vuole rispetto per queste persone - precisato Zaia - e per le loro famiglie. Vorrei ricordare al signor presidente del Consiglio che questi imprenditori non si sono suicidati nei bagni delle sale da gioco o nei villaggi turistici, ma all'interno della loro azienda''.
Qui in Veneto, ricorda ancora il governatore, ''abbiamo la piccola e media industria, non i bond internazionali. Il datore di lavoro ha un impegno che e' etico e morale nei confronti dei propri lavoratori e la sua sfida e' la stessa dei suoi dipendenti''. ''E se uno arriva a suicidarsi - rincara Zaia - ci saranno pure dei motivi, non sempre riconducibili all'inefficienza dell'ente pubblico, visto che spesso sono anche i privati a non pagare i loro conti''. La questione dei suicidi, conclude Zaia, ''non puo' essere liquidata come fa Monti''. (ANSA).

LEGA. CALDEROLI: PARTITO COMPATTO, COMMOSSO PER ATTESTATI STIMA SONO VITTIMA DI UN VILE ATTACCO MEDIATICO


Roma, 20 apr. - "Se qualcuno, con i continui attacchi cui ci sta sottoponendo da due settimane, puntava a dividere la Lega Nord ha ottenuto il risultato completamente opposto. Sono rimasto sinceramente commosso e piacevolmente sorpreso per tutti gli attestati di stima e vicinanza che ho ricevuto da tantissimi nostri esponenti per il vile attacco mediatico di cui ieri sono stato vittima". Lo dice il senatore Ln e 'triumviro' Roberto Calderoli.
"In questo frangente cosi' delicato per il nostro movimento- aggiunge-, nonostante le tante amarezze e delusioni vissute negli ultimi giorni, ieri e' emerso lampante un aspetto estremamente positivo ovvero che tutti questi attestati di solidarieta' al sottoscritto sono stati assolutamente 'trasversali' all'interno del nostro movimento, arrivando sia da esponenti cosiddetti 'ultrabossiani' che da cosiddetti 'maroniani'".
Ieri, prosegue, "senza alcuna distinzione, sono tutti scesi in campo per manifestarmi il loro pieno sostegno: ci hanno attaccato e la Lega Nord, unita, ha fatto quadrato dimostrando una compattezza e una solidita' interna cui da tempo non assistevamo".

giovedì 19 aprile 2012

MANUELA DAL LAGO: "CALDEROLI DA DIECI ANNI LAVORA COME UN MATTO. GIUSTO METTERGLI ALMENO A DISPOSIZIONE UN APPARTAMENTO PER FARGLI SVOLGERE IL SUO LAVORO A ROMA"


"Adesso basta, è ora di finirla con questo assurdo sputare fango addosso alla Lega Nord e ai suoi esponenti.
Questa vicenda dell’affitto dell’appartamento utilizzato a Roma dal senatore Roberto Calderoli rasenta letteralmente il ridicolo.
Siamo arrivati al punto che un movimento quale la Lega Nord non è nemmeno più padrona di decidere come utilizzare le proprie risorse? E’ possibile che si metta alla berlina la scelta del movimento di dotare il proprio Coordinatore di un appartamento a Roma per consentirgli di svolgere al meglio la sua enorme mole di lavoro?
Vorrei ricordare a tutti che Roberto Calderoli da dieci anni lavora come un matto, e senza percepire uno stipendio per questo, senza fare mai ferie, girando per tutto il territorio quando non c’è attività parlamentare ed essendo sempre presente in Aula o nelle commissioni quando le Camere sono attive.
Personalmente non posso che essere grata a Roberto Calderoli per tutta la mole di lavoro che si è sobbarcato in questi ultimi dieci anni e per tutto quello che sta continuando a fare e ritengo giusta e doverosa la scelta del movimento di fornirgli almeno un appartamento da utilizzare a Roma, tanto più che non ha mai percepito un euro di stipendio per il lavoro svolto da Coordinatore.
E trovo davvero vergognoso che si speculi su questa vicenda, assolutamente chiara e trasparente, e la si utilizzi per gettare ancora fango mediatico sulla Lega Nord e su uno dei suoi dirigenti.
Adesso basta!"

Lo afferma l'on. Manuela Dal Lago, componente del Comitato Esecutivo della Lega Nord.

Crisi: Zaia, Monti venga a parlare in Veneto

(ASCA) - Vicenza, 19 apr - ''Sui suicidi di imprenditori, il presidente Monti venga a parlare in Veneto''. Lo ha detto Luca Zaia, governatore regionale, a margine di un convegno a Vicenza''. Facendo riferimento a quanto dichiarato ieri dal presidente del Consiglio sui suicidi di imprenditori in difficolta', Zaia ha ribattuto: ''Lo venga a dire in Veneto, che glielo spieghiamo di persona. Ci vuole rispetto per loro e le loro famiglie. Vorrei ricordare al signor Presidente del Consiglio che questi imprenditori non si sono suicidati nei bagni delle sale da gioco o nei villaggi turistici, ma all'interno delle loro aziende''. Il governatore veneto ricorda che ''qui abbiamo ancora la piccola azienda, non abbiamo i board internazionali. Il datore di lavoro ha un impegno che etico e morale nei confronti dei propri lavoratori. La sfida del datore di lavoro e' la sfida del lavoratore. E se uno arriva a suicidarsi ci saranno pure dei motivi, non sempre riconducibili all'inefficienza dell'ente pubblico, ma anche a chi non paga il conto e che spesso e' un privato''. ''Ma - ha concluso Zaia - non si puo' liquidare la questione come la sta liquidando Monti''.

CALDEROLI: “VERSO 3000 EURO AL MESE ALLA LEGA, MI PAGO LE SPESE E BENEFICIO DI UN CASA-UFFICIO PER SVOLGERE IL MIO INCARICO PER IL MOVIMENTO A ROMA”



“Siamo all’incredibile. Si viene infangati per aver fatto il proprio dovere, per aver lavorato e tanto!
E tutto questo senza aver mai preso un euro di stipendio, per aver lavorato sette giorni su sette, tutte le settimane dell’anno!
Mi si infanga per aver avuto in dotazione da parte del movimento una casa-ufficio dal costo di 2200 euro al mese, quando io ne verso mensilmente 3000 di euro alla Lega Nord.
Come ho già spiegato nelle scorse settimane da 10 anni svolgo l’incarico di Coordinatore delle Segreterie Nazionali della Lega Nord, incarico che mi ha portato a lavorare quasi sette giorni alla settimana, tutte le settimane dell’anno, feste, sabati e domeniche compresi, con una media di quasi 100mila km l’anno, girando in lungo e in largo su tutto il territorio nazionale.
Per questo mio lavoro non ho mai percepito un’indennità e per anni il movimento mi ha soltanto riconosciuto un rimborso per le spese sostenute, rimborso che è stato costantemente e totalmente devoluto al movimento stesso.
Da un anno e mezzo la Lega Nord ha sottoscritto un contratto di affitto per un appartamento a Roma che è stato dato in uso a me, come mia residenza e mio ufficio dove poter incontrare, anche riservatamente, i vertici del movimento e delle altre forze politiche.
Buona parte dei decreti delegati del Federalismo fiscale sono stati studiati e partoriti in quella sede.
Io a Roma non ho fatto semplicemente il lavoro di senatore o quello di ministro, o meglio per quattro ministri avendo avuto anche le loro deleghe, ma ho dovuto svolgere al meglio quanto mi era richiesto dal movimento ovvero il Coordinamento delle stesso nelle sedi istituzionali della Capitale, i rapporti con le altre forze politiche, il ruolo di portavoce del movimento in seno al Governo, oltre a qualunque altra iniziativa delegatami da Umberto Bossi per l’attività ed il bene del movimento.
Al netto di tutto questo, a fronte di questi accordi sottoscritti con il movimento, ho beneficiato di uno strumento di lavoro, ma verso 3000 euro mensili al partito e mi faccio carico delle spese che sostengo in qualità di Coordinatore del movimento.
Tutto quanto da me dichiarato è assolutamente circostanziato e dimostrabile e tutto questo è noto anche l’attuale Segretario Amministrativo della Lega Nord.

lunedì 16 aprile 2012

La Lega non è una storia finita

di ILVO DIAMANTI
C'E' TROPPA fretta di liquidare la Lega. Come si trattasse di una storia finita. Non tanto a causa delle promesse deluse dalla Lega stessa. Di certo non per merito degli avversari politici. Tanto meno per l'intolleranza sociale verso i messaggi intolleranti espressi dai suoi leader e dai suoi uomini. Ma per effetto delle inchieste giudiziarie. Una nemesi, visto che vent'anni prima proprio la Lega  -  insieme a Berlusconi  -  aveva beneficiato del vuoto politico prodotto da Tangentopoli. 

Ma bisogna fare molta attenzione prima di dare la Lega per finita. I sondaggi, per primi, non accreditano questa idea. L'Ispo di Renato Mannheimer, proprio ieri, sul Corriere della Sera, stimava i consensi leghisti poco sotto il 7%. Rispetto a una settimana prima: un punto percentuale in meno. Abbastanza, ma non tanto da profetizzare un declino  -  rapido e irreversibile. Meglio, dunque, attendere altre occasioni per verificare la tenuta della Lega, dopo questi scandali. Senza, però, affidarsi troppo alle prossime amministrative. Certamente significative. Ma condizionate dalla specificità delle consultazioni. Una sorta di presidenziali "locali", dove contano soprattutto i temi territoriali e, anzitutto, la personalità dei sindaci. Si pensi alla città, forse, più importante, fra quelle al voto: Verona. Dove Flavio Tosi si ripresenta, alla testa di una lista civica "personale". Contro la volontà di Bossi e dei "bossiani". Se Tosi ri-vincesse cosa non improbabile, si tratterebbe di una vittoria di Tosi (e del suo amico Maroni) contro Bossi oppure di un successo della Lega contro tutti gli altri partiti? 


Il risultato delle prossime amministrative assumerà, dunque, grande importanza. Ma non fornirà un verdetto definitivo e, soprattutto, chiaro sul futuro. Occorrerà attendere le elezioni politiche del 2013 per capire quanto contino davvero la Lega  -  e gli altri partiti. 

Tornando ai sondaggi, anche l'Ipsos di Pagnoncelli, martedì scorso, a Ballarò, aveva mostrato una flessione della Lega: dal 9,5% al 6,5%. Ma nei giorni seguenti ha rilevato una ripresa sensibile. Che ha riportato la Lega su livelli vicini al risultato delle politiche del 2008. 
Questo rimbalzo può avere spiegazioni diverse e non alternative. In primo luogo, il "rituale di espiazione" celebrato a Bergamo martedì scorso. La messa in scena della "confessione" e della "penitenza". L'espulsione e le dimissioni dei colpevoli. (Solo alcuni, certo). L'ammissione di colpa del gruppo dirigente. Bossi per primo. (Che pure ha rilanciato la famigerata "teoria del complotto"). Di fronte al "popolo padano". E, soprattutto, alle telecamere. Uno spettacolo di successo, che è servito ai leader della Lega per marcare la propria "diversità"  -  anche in mezzo alla crisi  -  rispetto agli altri partiti maggiori. Tutti coinvolti da scandali e inchieste: non hanno preso provvedimenti altrettanto eclatanti e visibili. 

Lo stesso discorso vale per i rimborsi elettorali. La Lega ha annunciato la volontà di rinunciare all'ultima tranche. Mentre gli altri partiti discutono "se" congelarla. E su come regolamentare i finanziamenti pubblici (bocciati dai cittadini in un referendum di quasi vent'anni fa). La Lega ha, dunque, reagito all'ondata di discredito provocata dalle inchieste giudiziarie con iniziative auto-assolutorie e promozionali, che potrebbero avere effetto. Anche perché può contare su alcune "buone ragioni" per resistere sulla scena politica ed elettorale ancora a lungo. Ne cito solamente alcune.

a) È radicata sul territorio, dove dispone di una base di militanti attivi molto ampia. Riprendo i dati offerti da un'accurata ricerca di Gianluca Passarelli e Dario Tuorto (Lega e Padania, in uscita per "il Mulino"): 1.441 sezioni (995 tra Lombardia e Veneto) e 182mila iscritti. Oltre la metà di essi frequenta esponenti del partito con assiduità, almeno una volta a settimana. Il 40% partecipa regolarmente alle manifestazioni elettorali e alle feste di partito. Sono politicamente informati e coinvolti. La Lega, inoltre, è al governo in centinaia di comuni, 16 province e due regioni. Difficile "scomparire" quando si è così immersi nella società e nel territorio.

b) Dispone di una base elettorale fedele di notevole entità. Il 4-5% degli elettori, infatti, l'hanno sempre votata. Anche nei momenti più difficili. Disposti a negare la realtà pur di non contraddire la propria "fede". Proprio come in questa fase. 

c) La Lega, oggi, costituisce il principale antagonista del governo Monti, in Parlamento. Inevitabile che sfrutti la propria rendita di (op)posizione. Tanto più se  -  come sta avvenendo in questo periodo  -  la fiducia nel governo, fra i cittadini, tende a calare. 

d) Il clima d'opinione generale è intriso di sfiducia verso i partiti. Pervaso da un diffuso sentimento antipolitico. E la Lega ne è, paradossalmente, artefice e beneficiaria. Alimenta la sfiducia politica attraverso i suoi comportamenti e, al tempo stesso, rischia di avvantaggiarsene.

e) D'altronde, nessuno tra i partiti maggiori ha beneficiato del calo della Lega. Gli elettori leghisti in "uscita" si sono parcheggiati nell'area grigia del "non voto" e dell'indecisione. L'unico vero attore politico che sta traendo profitto dall'onda antipolitica, in questo momento, pare il movimento 5 Stelle di Grillo, stimato ormai oltre il 6%.

Naturalmente, la Lega non sta bene. È scossa da molti problemi. Profondi. Che, tuttavia, pre-esistono agli scandali delle ultime settimane. In particolare e soprattutto: non ha mantenuto la promessa di "rappresentare il Nord". Di realizzare il federalismo, modernizzare le istituzioni, ridurre la burocrazia centrale e locale, ridimensionare la pressione fiscale, abbassare i costi della politica. In parte, è stata coinvolta in queste stesse logiche. Inoltre, è, da tempo, teatro di una sanguinosa "guerra di successione". In vista di una leadership che le permetta di sopravvivere "dopo" e "oltre" Bossi. Una questione momentaneamente congelata. Ma destinata a riaprirsi in fretta, con esiti incerti. Anche perché il "centralismo carismatico" è parte dell'identità e dell'organizzazione leghista (come chiarisce bene il saggio dell'antropologo Marco Aime, Verdi tribù del Nord, pubblicato da poco da Laterza).

In generale, il problema della Lega è che si è "normalizzata". Mentre i suoi successi scandiscono le crisi e le fratture della nostra storia recente. La Lega. Ha contribuito a far crollare la Prima Repubblica e ha lanciato la sfida secessionista del 1996. Ha sfruttato le paure della crisi globale dopo il 2008 e l'onda antipolitica degli ultimi anni. La Lega. È cresciuta e si è consolidata nella stagione del berlusconismo. Ma oggi la Prima Repubblica è lontana, il berlusconismo si è chiuso. E la Lega appare un partito (fin troppo) "normale". Costretta, a simulare e a esibire la propria diversità per resistere, in questa Repubblica provvisoria. È in difficoltà. Ma chi pensa di affidare ai Magistrati il compito di "sconfiggerla" politicamente si illude.


Monica Rizzi si dimette da assessore


(AGI) - Milano, 16 apr. - Monica Rizzi, della Lega Nord, si dimette da assessore della Regione Lombardia. Lo ha annunciato lei stessa in una nota. "Nonostante siano chiuse le inchieste che mi vedevano coinvolta ed addirittura vi e' stata la remissione della denuncia per dossieraggio nei miei confronti - spiega Rizzi - alla richiesta del mio partito di fare un passo indietro rispondo obbedisco, come ho fatto nel 2010 per candidare Renzo Bossi e in tutti questi 24 anni di Lega Nord.
  Per questo ho firmato le mie dimissioni rimettendo le mie deleghe nelle mani di Roberto Maroni e Roberto Calderoli membri del triumvirato della Lega Nord per l'indipendenza della Padania. Ringrazio infinitamente Umberto Bossi per la splendida esperienza che mi ha permesso di fare in questi 2 ultimi anni".

domenica 15 aprile 2012

Riina Jr. a Padova, la Lega: "Stop a questa migrazione" Lui: non conosco la Padania


Ieri l'arrivo di Riina a Padova: lavorerà e studierà all'università. Zaia attacca: "No ai delinquenti da esportazione". Il figlio del boss: "Voglio una vita normale"


Giuseppe Salvatore Riina, il figlio del boss di Corleone
Giuseppe Salvatore Riina, il figlio del boss di Corleone

"Non possono esistere i delinquenti da esportazione". Il presidente della Regione Veneto Luca Zaia non nasconde il proprio nervosismo. Lo dice chiaramente: "Questi personaggi devono scontare il loro periodo di soggiorno obbligatori nei territori di origine".
Perché il precedente di Giuseppe Salvatore Riina, figlio 35enne del boss mafioso Totò Riina, rischia di essere un brutto precedente. Dopo mesi di polemiche e di lotte in tribunale Riina è infatti arrivato a Padova per restarci: si è pure iscritto all’università e, adesso, spera di "riuscire a costruirsi una vita normale".
Il figlio del boss di Corleone è sbarcato ieri pomeriggio al Marco Polo di Venezia. Al suo fianco l'avvocato vicentino, Francesca Casarotto. Insieme a lui è stato "sorpreso" da un fiume di giornalisti non lontano dalla stazione ferroviaria di Padova dove ha raccontato di aver scelto Padova perché la ritiene "una città splendida". "Ho trascorso due anni in carcere a Padova e sono venuto in contatto con alcune Onlus che mi hanno convinto a scegliere questo luogo", ha spiegato Riina Jr. confermando, come già anticipato dai quotidiani locali, di volere cercare un lavoro.
Lo scorso ottobre il figlio del boss ha finito di scontare nel carcere di Voghera una condanna a otto anni e dieci mesi per associazione mafiosa. Adesso sarà impegnato a lavorare nella Onlus "Famiglie contro la droga e l’emarginazione". La decisione del tribunale di mandare Riina Jr. a Padova non è affatto piaciuta al Carroccio. "Sono decenni che ci mandano qua uomini di mafia e di ndrangheta - ha tuonato il prosindaco di Treviso Giancarlo Gentilini - lo fanno perchè pensano che sradicandoli dal loro territorio certi personaggi non nuociano o cambino, ma i tempi sono cambiati, sono cambiate le mafie e questa pratica non ha alcun senso anzi è pericolosa per territori appetibili per la malavita organizzata". Sabato prossimo il Carroccio scenderà in piazza per protestare. Padova sarà invasa dai gazebo per raccogliere le firme contro la decisione del tribunale. "Il Veneto non lo vuole", ha tagliato corto Massimo Bitonci, sindaco di Cittadella e parlamentare leghista.
Commentando le critiche dei leghisti, il figlio del ha osservato di "non conoscere né la Lega né la Padania: sono un uomo del sud e credo nell’Italia". Così, dopo aver ribadito di"cercare una vita normale", Riina Jr. è passato dalla questura di Padova per la sua prima firma obbligatoria. Rito che dovrà ripetere quotidianamente.

sabato 14 aprile 2012

La macchina del fango contro la Lega: sei Procure indagano sul nulla

di Riccardo Ghezzi
Milano, Napoli, Reggio Calabria, Genova, Bologna, Reggio Emilia. Sono ben sei le Procure, e una decina di magistrati, ad indagare sulla gestione dei rimborsi elettorali della Lega. Uno spiegamento di forze impensabile, soprattutto se paragonato al ben più clemente atteggiamento adottato dalla magistratura nei confronti della vicenda Lusi e dei soldi sottratti dalle casse della Margherita “all’insaputa di Rutelli”.
Sembra strano, ma l’inchiesta giudiziaria in sé non è particolarmente rilevante, né lo sarà nel remoto caso di rinvii a giudizio a carico di esponenti del Carroccio.
In realtà è l’opera di disinformazione mediatica a giocare un ruolo decisivo nella vicenda: titoloni, intercettazioni pubblicate, condivisioni sui social network, con conseguente “tsunami” in uno sconvolto elettorato leghista e ancor più dentro il partito stesso.
Quelli che sono gli equilibri e le dinamiche interne della Lega, con eventuali correnti, rivalità, scalate al vertice del movimento, sono ovviamente problemi esclusivi del Carroccio, anche se gli organi di informazione puntano a trasformare il tutto in una questione nazionale.
All’opinione pubblica dovrebbe semmai interessare l’aspetto giudiziario, ossia la possibilità che esponenti della Lega abbiano commesso reati. Ebbene, questa possibilità è assai remota.
Anche se dalla pubblicazione delle intercettazioni sembrerebbe il contrario, non sono certo il fidanzato di Rosy Mauro, le auto di lusso, le multe e gli studi di Renzo Bossi, l’operazione chirurgica al naso di Eridano Bossi, i bonifici per le polizze della casa di Umberto Bossi a poter interessare i magistrati.
Si parla di rimborsi elettorali, che come si sa provengono sì dalle tasche dei cittadini, ma una volta che finiscono nelle casse del partito diventano privati. Non esiste alcun vincolo su come spenderli.
Come per gli investimenti in Tanzania e Cipro, i “soldi sottratti alla Lega” da parte del tesoriere Francesco Belsito, per operazioni che nulla hanno a che vedere con campagne elettorali o spese per il movimento, non possono costituire alcuna notizia di reato.
Ad interessare le Procure è semmai la presenza di eventuali irregolarità di bilancio o pagamenti in nero, sulla base di testimonianze – strano ma vero – di alcuni ex esponenti del Carroccio buttati fuori dal partito.
L’ipotesi che i magistrati mettono sul piatto è che le entrate nelle casse della Lega non siano regolarmente contabilizzate. Senza tale ipotesi, nessuna indagine sarebbe potuta partire. Con questa ipotesi, invece, le indagini sono giustificate, e può essere avviata la macchina del fango con tanto di pezzi di intercettazioni pubblicati su tutti i giornali. Se poi non è vero che vi sono irregolarità di bilancio nella Lega, poco importa: ormai il fango è stato gettato, con tutte le conseguenze del caso.
Il problema però è solo uno, e non certo di poco conto: se una simile ipotesi di entrate non contabilizzate fosse valida e suffragata da indizi credibili, ci sarebbe la concreta possibilità che il tesoriere faccia sparire le prove insabbiando tutto in men che non si dica. Non sarebbe certo difficile. Dovrebbe quindi scattare la custodia cautelare pressoché immediata a carico di Francesco Belsito, ma, a quasi una settimana di distanza dall’esplosione del bubbone giudiziario, l’ex tesoriere della Lega dimissionato dal partito è ancora libero.
C’è qualcosa che non va.
Veniamo ai personaggi chiave dell’inchiesta. Carla Rustichelli, ex tesoriera della Lega a Bologna, è stata espulsa nel 2009: oggi accusa lo stesso partito da cui è stata cacciata. Idem Alberto Veronesi, ex leghista che nel 2010 aveva già presentato un esposto per illeciti nella gestione dei rimborsi elettorali: caso archiviato quasi subito; Helga Giordano, ex dipendente della Lega cacciata perché accusata di aver truffato una militante; Cristina Berlanda, una dei quattro revisori dei conti della Lega, la quale sostiene di non aver più messo piede in via Bellerio da anni e non aver più firmato documenti.
Questi sono i principali accusatori.
I grandi “maneggioni” sono invece “autorevoli” e “influenti” personaggi dei quali non si è quasi mai parlato fino a due mesi fa. Perfetti sconosciuti. Bruno Mafrici, consulente legale mai diventato avvocato; Romolo Girardelli, detto “l’ammiraglio”, procacciatore d’affari per la criminalità organizzata che secondo gli inquirenti avrebbe avuto contatti con Belsito; Stefano Bonet, consulente finanziario che avrebbe contatti persino con il Vaticano.
Ma chi sono costoro? Perché su questi personaggi non si trova alcuna notizia più vecchia di due mesi fa?
Lo “scandalo Lega” non è quindi un vero scandalo giudiziario, ma nasce dalla solita opera di disinformazione dei media. E dalla pubblicazione di intercettazioni telefoniche che, come ormai si sa, sono filtrate e montate dai giornalisti che le pubblicano, sono regalate dai magistrati ai giornalisti in modo illegale e al solo scopo di strumentalizzazione politica, spesso sono estranee al contesto delle indagini e non vengono mai utilizzate in fase di dibattimento quando (e se) parte il processo. La vicenda Lega rientra perfettamente in questa casistica: la pubblicazione delle intercettazioni è servita a gettare fango sul movimento, acuire le divisioni interne, far infuriare i militanti. Ma difficilmente ci saranno risvolti giudiziari.

Soldi ai partiti, la Lega rinuncia a ultima tranche rimborsi elettorali

Roma, 13 apr. (Adnkronos) - ''La Lega Nord rinuncia all'ultima tranche dei rimborsi elettorali e chiede a tutti i partiti di fare lo stesso devolvendo somme in beneficienza o alle Ong''. Lo afferma il presidente dei deputati della Lega Nord, Gianpaolo Dozzo.
''E' una decisione che abbiamo già preso ieri e che rendiamo nota al fine di evitare eventuali strumentalizzazioni nei nostri confronti - precisa - nel momento in cui in Parlamento si discute della proposta di legge sulla trasparenza dei partiti''.

venerdì 13 aprile 2012

“Altro che Monti, la Padania c’è e vincerà” Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/lega-federalismo#ixzz1ruE1orVo


Dario Ronzoni su www.linkiesta.it
Il federalismo fiscale, chi se lo ricorda più? Al momento è scomparso dalle agende della politica ma, quando l’emergenza sarà rientrata, l’argomento ritornerà. Lo assicura a Linkiesta Stefano Bruno Galli, docente di Storia della Società alla Statale di Milano e vicino al Carroccio. A riprenderlo in mano sarà ancora la Lega, che agirà in una forma nuova, non più attraverso l’autoriforma delle istituzioni. Dietro, c’è ancora il consenso del Nord, o meglio della Padania. Che, spiega Galli, esiste davvero.

Militanti leghisti in festa a Pontida
Militanti leghisti in festa a Pontida
La Lega è nella bufera, ma conta poco: la sua istanza fondativa, cioè la questione settentrionale, resta vivo. Almeno, è quello che sostiene Stefano Bruno Galli, politologo leghista, intellettuale del Carroccio, docente di Storia della società e delle istituzioni all’Università Statale di Milano. Ma, a parte la tempesta ai vertici del partito di questi giorni, da tempo è scomparso dalla scena politica un protagonista della scorsa stagione. Era la parola d’ordine del governo Berlusconi, la bandiera del movimento e il toccasana dei conti del Paese. Ma ora, che fine ha fatto il federalismo? Il progetto leghista è rimasto bloccato a metà dall’interruzione del governo Berlusconi. E sembra che il nuovo governo non abbia alcuna intenzione di riportarlo in vita.
Come mai il federalismo è scomparso dall’agenda politica?
Perché costa troppo. Comunque, il progetto non è stato abbandonato. Al momento, è congelato. Ma il motivo è chiaro. Il governo Monti che – diciamolo – è il frutto di uno strappo costituzionale, è stato chiamato per tenere sotto controllo i conti pubblici. E la legge 42/2009, cioè l’attuazione del federalismo fiscale, costa troppo. Non a pieno regime, sia chiaro, ma nella sua attuazione. Il nodo è nei grandi costi della sanità, che arriva a toccare l’80% delle spese delle regioni. L’obiettivo era riequilibrare le spese ed eliminare le grosse disparità nel Paese. Quindi, un problema di costi. Ma, in ogni caso, un paese civile potrebbe comunque adottare dei costi standard per le regioni e passare a un diverso sistema per stabilire il sistema di trasferimenti alle regioni. E abbandonare il criterio della spesa storica.

Ma la sparizione non rivela anche un’opposizione ideologica al progetto?
No, e perché mai? Tra i ministri del governo figura anche Giarda: molto competente di federalismo, studioso di spessore. Il punto è che Monti ha scelto un approccio centralista, con una tesoreria unica e il blocco del patto di stabilità. Ha guardato i conti in modo, diciamo, “distratto”, cioè alle spese in essere, ma, anche se il centralismo è duro a morire, il problema della fiscalità delle regioni rimane. In questo modo, le ricadute sono finite sulle categorie produttive: un male, perché innescano un meccanismo disgregativo nella società.

Ma dopo Monti ci sarà ancora un partito che parlerà di federalismo?
Sì. La proposta è nata in un’ epoca storica, in alcune regioni italiane, e non senza motivo. Da un lato, al Nord si era imposto un sistematico drenaggio di risorse fin dagli anni ’80. E allora, il saccheggio fiscale ha alimentato tendenze all’anti-politica e all’anti-stato.

Che significa?
Semplice: l’imprenditore, la classe produttiva, aveva sempre delegato ad altri la politica. Solo quando la politica comincia a danneggiarlo, comincia a occuparsene in prima persona. E allora non vota più per la Dc, ma per la Lega. Lo stato appare come un predone. Ma l’unico partito a mettere al centro la proposta è stato solo il Carroccio. Forza Italia si rivolgeva allo stesso target, erodendo il consenso della Lega. Per questo Bossi aveva deciso per l’affratellamento: contenere la fuga di voti e portare in alto la questione settentrionale.

Sì, ma ora? Che fine farà il federalismo?
Il problema c’è ancora. Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna rappresentano quasi il 70% del Pil del Paese. Da sole, alimentano tutta l’Italia. Ma nessuno le difende: nel 2011, le piccole imprese hanno perso 50 miliardi di euro di fatturato. Chi può tutelarle? Solo la Lega Nord. Per questo dico che lo spazio politico c’è ancora. Del resto, Bossi si è dimesso dicendo una cosa importante: «Lo faccio per il movimento, per i militanti».

Sì, ma se il problema c’è ancora, vuol dire che la Lega non è riuscita a risolverlo. La base non è delusa?
Lo era. Era delusa fino a qualche tempo fa. Fino a quando la Lega ha provato a provato a promuovere le riforme dall’interno del sistema, cioè attraverso la politica nazionale.

È quello che ha fatto.
Sì, ma l’autoriforma delle istituzioni funziona per le piccole politiche, non per le grandi. Altrimenti, si finisce alla ghigliottina, come è successo a Luigi XVI, che aveva convocato gli Stati Generali per riformare da dentro il sistema. Ora, la Lega ha preso atto di questo: per quella via non si può.

E allora?
E allora da tempo c’è in atto un ritorno alle radici. No a Monti, no a Silvio Berlusconi, sì al territorio. Ora cerca un nuovo metodo per promuovere il cambiamento del Paese: fare pressione, forte di un consenso ampio e solido. Per carità, sia chiaro, non parlo di pistole o fucili: è altro.

Lobbismo?
Sì, un lobbismo che passa attraverso le classi produttive. È inutile girarci intorno. Lo si vede anche dalle vicende di malfunzionamento dello Stato, che le dinamiche della politica prescindono dal bene comune. E allora i partiti sono solo espressioni di interessi contrapposti, in conflitto tra loro, di ogni tipo.

E la Lega chi esprimerebbe?
Tante realtà. I piccoli imprenditori in crisi, per esempio. La dimensione economico-produttiva ha una grande importanza. Ma non solo: anche tutti quelli che vogliono meno burocrazia, più facilità e più trasparenza. Tutti quelli che promuovono le virtù civiche. E anche i pensionati, che la Lega ha difeso anche a rischio di far cadere il governo Berlusconi. Ecco, queste realtà, e i piccoli imprenditori colpiti dalla crisi in particolare, hanno una collocazione territoriale precisa.

Il Nord, immagino.
Sì. La Padania.

Padania?
Sì. La Padania, secondo me, esiste davvero. Una vera nazione. Ho fatto infuriare molte persone dicendo questo, ma non sbaglio.

Ma in che senso?
Vede, l’idea di Padania ha una fisionomia economico-produttiva. Ma non è strano. Secondo le prime teorie sul concetto di nazione, diffuse nel ‘700, la prima formulazione è proprio di carattere economico-produttivo. Molto prima di tutte quelle idee romantiche di popolo e di appartenenza. Quindi, punto primo, la Padania ha una legittimità teorica, che è la sua produttività.

Punto secondo?
L’identità padana c’è. Si basa sulla consapevolezza di appartenere a una delle aree più produttive d’Europa. E si basa sul sentimento di schiavitù fiscale. Non è un caso: è una costante storica. I padani si sono ribellati, con il Barbarossa, perché volevano autonomia fiscale. Ma sotto gli austriaci, il Nord era il serbatoio per le casse dell’impero. Poi è arrivata Roma. Insomma, non è una novità. L’unica vera anomalia è che, nonostante sia il centro produttivo del Paese, non ha mai avuto una capitale politica. Le nazioni sono una costruzione immaginaria e, visto che i pilastri che le sostengono ci sono già, dietro, ci si può mettere quello che si vuole. E parlo delle ampolle, dell’acqua del Po, delle origini celtiche. Quell’insieme di miti e di riti che si assomma a quella rete di relazioni, di convinzioni, alla mentalità collettiva fatta di spirito calvinista e di dedizione al lavoro che definisce il padano. E forma la Padania.

Ma, ammesso tutto questo, e considerate le istanze della Padania, chi guiderà la Lega? Roberto Maroni?
Sì. Ha molti pregi. Maroni è uno dei fondatori, prima di tutto. Poi, con il tempo, si è guadagnato quell’aplomb istituzionale necessario, e l’apprezzamento di tutte le parti politiche. Ma a Bergamo si è visto che la sua strada alla leadership non è così in discesa. C’è bisogno di fare pulizia: anche se Bossi ha dettato la linea. La Lega è rimasta invischiata in reati italiani, ma ha avuto una reazione padana. Quale leader si dimetterebbe come ha fatto Bossi?

Ma Maroni non ha ancora il carisma di Bossi. 
No. La Lega è stato un parito molto verticista. Lo aveva suggerito, all’epoca, anche Miglio: Bossi doveva imporsi con il suo carisma politico, l’unico strumento che poteva far stare insieme istanze sociali differenti. La Liga veneta, ad esempio, e quella lombarda, sono state unite solo dall’autorevolezza di Bossi.

E ora non c’è il rischio che si disgreghino?
Dal 2004 le cose sono cambiate. Si crea una forma di gestione del potere diversa, che tiene lontano il capo dalle decisione e da carismatica diventa verticistica. Proprio questa viene messa in discussione in questi giorni. Non sarà facile, ma Maroni gode del consenso della base. 


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