mercoledì 27 aprile 2011

LIBIA: IL VIA LIBERA DI NAPOLITANO, LA RABBIA DI BOSSI "SIAMO DIVENTATI UNA COLONIA FRANCESE"

Berlusconi: «Con Umberto le cose si risolveranno presto». Le tensioni nel governo e il ruolo di Tremonti

(Ansa)
(Ansa)
ROMA - A sera, ancora alle prese con le ire degli alleati leghisti, e dopo una lunga telefonata con Bossi, Silvio Berlusconi prova a tranquillizzare i suoi: «Con Umberto le cose si risolveranno presto. C'è stata un'incomprensione, ma risolveremo. D'altronde, chi avrebbe interesse a rompere ora?».

Parole che nel Pdl, più che far tirare un sospiro di sollievo, confermano i timori diffusi. Tutti sanno che i rapporti con la Lega si sono fatti molto difficili. Secondo l'ala nordista, quella più vicina al Carroccio, addirittura si è ormai «quasi alla rottura: la situazione è deteriorata - raccontano - questa vicenda della guerra in Libia per il Senatur è inaccettabile, tanto più che Tremonti ha già detto chiaramente che lui per le missioni non darà un centesimo senza una copertura certa» e infatti Calderoli ha già ipotizzato «un aumento delle tasse, in particolare sulla benzina». Nemmeno tra i fedelissimi del premier si nega la difficoltà del momento: «Il rapporto tra i due leader - raccontano - si è fatto molto complicato», ma la maggiore responsabilità sarebbe proprio di «Tremonti che, alleato con una parte della Lega, sta soffiando sul fuoco perché considera quella che si sta giocando una partita personale».

È insomma uno scontro duro e drammatico quello in corso in queste ore. Tanto duro da non poter essere derubricato, come invece sperano a Palazzo Chigi, solo a «questioni di campagna elettorale, visto che la Lega vuole ottenere la massima visibilità e il massimo guadagno dal caso Libia in vista delle amministrative». Certo, alla fine la convinzione di tutti, e di Berlusconi per primo, è che i leghisti «non tireranno la corda fino a spezzarla», ma quanto la corda reggerà e comunque chi uscirà sconfitto dalla tenzone è il dubbio che arrovella il Pdl. «Bossi alza i toni ma sa, come tutti sappiamo, che non esiste una maggioranza alternativa in politica estera» dice Osvaldo Napoli. E se voto sulla politica estera del governo ci sarà (con ogni probabilità la prossima settimana), nell'entourage del premier confidano che «i giorni che abbiamo davanti saranno sufficienti per trovare una linea comune: nessuno ha interesse ad una crisi».

In ogni caso, una cosa è certa: non è riuscito il blitz tentato da Berlusconi a Pasquetta per mettere tutti davanti al fatto compiuto. Sperava il premier che, con la copertura della telefonata di Obama e quella arrivata ieri mattina dal Quirinale, il caso si sarebbe sgonfiato. Lunedì sera aveva provato a spiegare a Bossi che «se non ti ho chiamato prima, Umberto, era solo per non disturbarti durante le feste...». E ieri mattina in conferenza stampa accanto a Sarkozy ha tentato di rassicurare la Lega: «Abbiamo accettato di intervenire su obiettivi militari mirati escludendo vittime civili: non lanceremo bombe a grappolo sulla popolazione, ma abbiamo sentito di non doverci sottrarre perché del nostro intervento c'è bisogno» e perché l'Italia non fosse esclusa dal novero delle Nazioni che contano.


Ma Bossi è stato tranchant: «Per contare non si può dire solo sì». E la tregua che sembra obbligata (forse in un vertice già oggi) appare altrettanto complicata da siglare: sicuramente, non basteranno i contentini di cui si sussurra nel Pdl per placare l'ira della Lega, come un posto da sottosegretario per l'ex membro leghista radiato dal Csm Brigandì.

Paola Di Caro


http://www.corriere.it/politica/11_aprile_27/dicaro_premier-bossi-limite-rottura_217eb286-7093-11e0-8d74-1cfa48373a9c.shtml

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