martedì 29 novembre 2011

Tosi: "Tutta colpa di B."


"Se si fosse dimesso prima e non avesse tradito la Lega sul federalismo, oggi non ci sarebbe Monti ma un governo di centrodestra", spiega il sindaco leghista Flavio Tosi, che poi aggiunge, "L'alleanza con il Pdl è a forte rischio. Guai a rimettere l'Ici sulla prima casa"

Flavio TosiFlavio Tosi
A forza di chiedere un passo indietro a Berlusconi, Flavio Tosi aveva rischiato addirittura l'espulsione dal partito. Il sindaco di Verona, maroniano di ferro, nega. Ma ora che nel partito sono dirigenti del calibro di Roberto Maroni e Roberto Calderoli a dire esplicitamente che il tempo di stare con il Cavaliere è finito, è proprio lui a poter giocare la parte del profeta inascoltato. Perché Berlusconi ha tradito la Lega sul federalismo, rivela Tosi all'Espresso, lasciando la riforma «a metà del guado». E perché, argomenta, se solo si fosse dimesso sei mesi prima, ora invece dell'odiato governo tecnico dell'«uomo delle banche» (la Padania) ci sarebbe un esecutivo di centrodestra. Una prospettiva, spiega il sindaco, che non si ripeterebbe più con Carroccio e Pdl sugli stessi banchi, se quest'ultimo dovesse votare per la reintroduzione dell'Ici sulla prima casa. E il discorso vale anche sul territorio, a livello locale. 

Tosi, l'alleanza con Berlusconi è davvero finita?
La penso come Maroni e Calderoli. A livello nazionale dipenderà da come il Pdl si comporterà rispetto ad alcuni temi che abbiamo portato avanti insieme in tre anni di alleanza e che fanno parte di quanto concordato o escluso dall'agenda di governo. Per esempio, la cittadinanza anticipata per gli stranieri. Ci sono alcuni temi con i quali ci si confronterà a Roma con il governo Monti da qua ai prossimi mesi: federalismo fiscale, reintroduzione dell'Ici sulla prima casa. Su questo si valuterà il comportamento del Pdl. Vedremo se sarà coerente o meno con quanto stabilito tre anni fa. 

I primi segnali sembrano puntare a una rottura, allora.
L'unica cosa certa che si capisce del programma del governo Monti è che vuole reintrodurre l'Ici sulla prima casa, addirittura rivalutando le rendite e quindi aumentando l'importo a carico della famiglie. L'abolizione dell'Ici sulla prima casa fu il primo atto significativo del governo Lega-Pdl nel 2008, una cosa promessa e mantenuta rispetto ai cittadini che se l'aspettavano. E' chiaro che se il Pdl avesse il 'coraggio' di votare una cosa del genere sarebbe grave rispetto a un qualsiasi tipo di rapporto e di dialogo con la Lega. 
E per quanto riguarda le amministrazioni locali?
Ci sono due aspetti. Uno riguarda quelle in essere, realtà importanti in cui siamo stati eletti per governare insieme in tempi recenti. E non puoi mandarle a casa e andare a rivotare, perché poi devi spiegarne il motivo ai cittadini. Noi votammo a Verona le comunali nel 1994. Sei mesi dopo ci fu il cosiddetto 'ribaltone'. A Verona Bossi diede un'indicazione: 'siccome siete stati votati su un programma con quell'alleanza, si finisce il mandato e poi ognuno per sé, Dio per tutti'. Questo ragionamento vale anche adesso: per le alleanza attualmente in essere si prosegue fino alla fine del mandato, per quanto riguarda i nuovi assetti è tutto da vedere. Verona e quant'altro. 

In Veneto per esempio, Zaia ha parlato di alleanza «inscalfibile» col Pdl, mentre Gobbo ha detto il contrario.
In realtà dicono la stessa cosa. Zaia parla di un'alleanza già votata dai cittadini e quindi finirà il mandato nel 2015 su quei presupposti. Un altro discorso è Verona o la provincia di Belluno, che vanno al voto l'anno prossimo. 

Ma Berlusconi è finito, politicamente? Lei lo ha fortemente criticato, negli ultimi mesi.
Non l'ho criticato. Io tenevo a un'alleanza di governo Lega-Pdl che stava funzionando. E secondo me Berlusconi, volendo rimanere a tutti i costi lui il presidente del Consiglio, rischiava di danneggiare la coalizione. Purtroppo sono stato buon profeta. Se il cambio della guardia fosse avvenuto sei mesi fa, oggi quasi sicuramente avremmo un governo Lega-Pdl. 

Colpa della cocciutaggine di Berlusconi se si è arrivati al governo Monti?
Prendo solo atto di alcuni aspetti: fino a qualche settimana fa diceva che la crisi non c'era, che i ristoranti erano pieni e che in Italia andava tutto bene. Che lui godeva dell'assoluto consenso dei cittadini e che aveva i numeri alla Camera e al Senato. Fotografo la situazione, non faccio commenti. Se sei mesi fa ci fosse stato il cambio della guardia oggi quasi sicuramente avremmo un governo di centrodestra Lega-Pdl, non tecnico. Ovvio che Berlusconi ha delle responsabilità su quello che è accaduto. Io glielo dicevo apertamente, molti altri miei dirigenti glielo dicevano, ma lui non ha voluto ascoltare. Io da sindaco, stando più in basso, lo potevo dire in termini più espliciti.

lunedì 28 novembre 2011

Maroni torna alla carica: "Finita l'alleanza con il Pdl, vedremo caso per caso"


Il Carroccio preferisce non legarsi. L'alleanza con il Pdl sarà valutata caso per caso. Maroni ai leghisti: Questa parentesi durerà un anno, poi torneremo"


"Non è come ha detto ieri Berlusconi, certo si deciderà caso per caso come abbiamo sempre fatto, ma l’alleanza formale con il Pdl è finita con il passaggio della Lega all’opposizione di questo Governo e di questa maggioranza di cui il Pdl fa parte".
L’ex ministro dell'Interno Roberto Maroni torna a suonare la carica dei lumbard lanciando la "fase nuova" della Lega Nord. Una fase che il Carroccio deve ancora costruire: "C’è una pagina bianca su cui cominciamo a scrivere da domenica prossima a Vicenza il futuro della Lega e delle alleanze". Ma l'ex premier Silvio Berlusconi smentisce: "Questa settimana ho un appuntamento con Umberto Bossi".
Sebbene il Cavalier abbia ripetuto che l'alleanza con Umberto Bossi si mantiene salda, Maroni ci tiene a precisare ch quella che si è sviluppata a distanza tra il Pdl e il Carroccio"non è una polemica ma è una presa d’atto di un’alleanza che non c’è più". L’ex titolare del Viminale ha costatato che "con il Pdl siamo su fronti opposti, occorre vedere quello che succederà""Non c’è alcun automatismo, nessun accordo che possa essere salvaguardato rispetto ad alleanze future", ha continuato Maroni definendo "un errore quello del Pdl di aderire a questa maggioranza" mentre, è il ragionamento dell'esponente leghista, si sarebbe dovuti "andare ad elezioni che si sarebbero potute fare in poco tempo". E questo, ha concluso l’ex titolare del Viminale, sopratutto perché "in un momento di difficoltà come questo occorre un grande consenso popolare altrimenti si rischia di andare a sbattere".
"Le difficoltà che il governo Monti ha incontrato e incontra sono evidenti: doveva essere il governo che faceva tutto subito, ma a distanza di tre settimane non ha ancora completato la squadra di governo: mi sembra davvero incredibile", ha continuato l’ex ministro ribattezzando la nuova maggioranza come "la nuova triplice: non è più Cgil-Cisl-Uil ma Pdl-Pd-Udc". In conclusione, Maroni ha lanciato un chiaro segnale: "Continuate a lavorare, tenete duro, questa parentesi dura un anno, un anno e mezzo al massimo, poi torneremo".

GOVERNO: ZAIA, MI AUGURO CHE MONTI NON SI LIMITI ALLE TASSE

(ASCA) - Venezia, 28 nov - ''Mi auguro che il Governo Monti non si limiti a fare provvedimenti di ragioneria economica, imponendo nuove tasse o tagli da qualche parte, ma che guardi alle grandi riforme, quella del federalismo fiscale per prima''.

Cosi' all'Asca il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia.

''Se l'Italia ha maturato un debito da un miliardo e 900 milioni, lo si deve alle molte, troppe cicale che in Italia non hanno mai prodotto e continuano a non produrre, e che mangari mangiano i nostri beni. Oggi abbiamo solo bisogno di formiche''.

giovedì 24 novembre 2011

Vecchioni batte cassa: per la sua cultura chic vuole 220mila euro da Gigino


Il cantautore milanese chiede un super compenso per presiedere il Forum. E i cittadini stufi degli sprechi infilzano De Magistris: stracci il contratto.


Luci a San Siro, ombre al San Paolo. Roberto Vecchioni stecca proprio nella capitale della melodia: da qualche giorno sta montando la polemica sul ricco compenso che il professore-cantautore si è fatto dare per presiedere a Napoli il Forum delle Culture.
Prenderà 220mila euro, tre volte di più di quel che prendeva il suo predecessore, un esponente del Pd liquidato in tutta fretta per far spazio alla nouvelle vague intellettual-canzonara. «L’ho fatto per amore», ha risposto lui. Si capisce. L’ha fatto per amore. E meno male: se lo faceva per soldi, toccava vendere il Vesuvio per pagarlo.
A Vecchioni del resto l’amore piace molto. Anche la sua ultima canzone di successo, la ricorderete, s’intitolava: Chiamami ancora amore. Avvertenze per l’uso: chiamatelo ancora amore, ma, nel caso, prima ricordatevi di fare il bancomat. Che ci volete fare? Essere à la page costa. E il prof cantautore è il non plus ultra della neo chiccheria radical: cantautore vintage eppur moderno, con i piedi negli anni Settanta ma con una riverniciatura fresca di antiberlusconismo, uomo immagine del Sanremo anti-frivolezza, punta di diamante della Milano che piuttosto che essere Milano da bere muore di sete, simbolo del risveglio delle coscienze e delle adunate arancioni in piazza Duomo, Vecchioni è pure insegnante e un po’ filosofo, poi veste secondo cliché post-sessantottardi, ha una moglie girotondina ed è pure interista come Michele Serra, Gad Lerner, Gino&Michele e tutta la sinistra ambrosian-morattiana che indossa la rivoluzione popolare come se fosse una bella sciarpa di cachemire. Voi capite: tutto ciò ha un prezzo. Chiamalo ancora, se vuoi, amore.
Dal Bandolero stanco al Bandolero esoso, del resto, che differenza fa? Oltre ai 220mila per Vecchioni, il Comune di Napoli dovrà versarne altri 90-95mila per il direttore generale, più gettoni di 30mila euro per tutti i membri del consiglio d’amministrazione. «Il compenso è adeguato», ha commentato il sindaco De Magistris, senza però precisare: adeguato a cosa? Alla soddisfazione economica del cantautore? Al travaso di bile dei contribuenti?
Il capoluogo campano, si sa, è affetto da mali storici: non ci sono soldi per i servizi essenziali, la monnezza si accumula nei quartieri, le strade sono piene di buche. Eppure si trovano come ridere centinaia di migliaia di euro per il Forum delle culture presieduto da Vecchioni. Lui lo fa per amore, si capisce. Ma, ecco, se questo è il risultato: non si potrebbe fare con un po’ di amore in meno? Diciamo, per esempio, un centomila euro di amore in sconto?
Sui blog molti chiedono al sindaco De Magistris il primo vero gesto di rottura del suo mandato: la rottura del contratto con Vecchioni. Ma lui, il Bandolero ricco, come potrebbe rinunciare a simili prove d’amore?
Dopo anni passati nel dimenticatoio, dopo periodi bui in cui i suoi dischi passavano sulle radio meno del coro alpino della Valgranda e l’unica trasmissione tv in cui l’invitavano era la televendita dei tappeti, all’improvviso si ritrova uomo simbolo della riscossa giovanil-nazionale. Che volete che faccia? Chiamalo ancora amore. Di più: praticamente un tassametro dell’amore. Ogni volta che muove l’ugola, si sente il tintinnar delle monete. Com’è che faceva il ritornello? «Questa maledetta notte dovrà pur finire, la riempiremo noi di musica e parole». Ecco, appunto: di musica, di parole e ingaggi d’amore sonante.
Povero Vecchioni: tutta la vita a cercare Samarcanda, e finalmente l’ha trovata. Anche se più che Samarcanda sembra l’America de noantri: 220mila euro per presiedere un Forum non è male come segno di rinnovamento morale nell’amministrazione delle cosa pubblica, no? Que viva De Magistris, que viva il bandolero Vecchioni. In una delle sua prime canzoni celebri, Luci a San Siro, a un certo punto il cantautore diceva «Milano mia, facciamo un cambio, prenditi pure quel po’ di soldi, quel po’ di celebrità ma ridammi indietro i miei vent’anni, la mia Seicento e la ragazza che tu sai».
Poi però aggiungeva: «Milano scusa, stavo scherzando». Adesso capite? Lui scherza. Scherza sempre. Meno che quando firma i contratti. È un burlone fino alla soglia dello sportello della banca.
Comunque il messaggio è sempre stato chiaro: rivoluzione o no, Sessantotto rosso o rivoluzione arancione, figurati se lui rinuncia «a quel po’ di soldi e quel po’ di celebrità». 
Non lo faceva sotto le luci di San Siro allora, non lo fa sotto i riflettori di Napoli oggi. Appena era stato chiamato al Forum delle culture, per dire, aveva promesso un «evento low cost». E aveva assicurato: «Le star parteciperanno per passione e non per un ritorno economico». Poi si è fatto dare 220mila euro. Napoli scusa, stava scherzando. Domani, se credi, chiamalo ancora amore. Sempre ammesso che ti bastino i soldi...



E Miglio parlò in Parlamento Lezioni di politica pungente


 

Gianfranco Miglio davanti al Senato. (Foto by Archive)

di Davide G. Bianchi *
A Palazzo Giustiniani - sede della presidenza del Senato - oggi si presenta il volume che raccoglie i "Discorsi parlamentari" di Gianfranco Miglio, edito dall'Archivio storico del Senato per i tipi del Mulino. Dopo la pubblicazione in due volumi delle sue "Lezioni di politica," uscite anch'esse con il Mulino, questo appuntamento chiude la serie di eventi che hanno celebrato il decennale della morte del politologo comasco, che cadeva quest'anno (Miglio è scomparso l'11 agosto 2001). 
Gli interventi parlamentari di Miglio vengono inseriti in una collana molto prestigiosa, che raccoglie gli scritti analoghi di figure prestigiosissime della nostra cultura: Benedetto Croce, Giovanni Gentile, Gaetano Mosca, Vittorio Emanuele Orlando, Alfredo Rocco, Giovanni Spadolini, Leo Valliani, Carlo Sforza ed altri ancora. Il volume propone i discorsi pronunciati nell'aula del Senato e in occasione delle rare sedute comuni dei due rami del Parlamento, nonché gli interventi di Miglio in qualità di referente del comitato Forma di governo all'interno della commissione Riforme istituzionali che ha operato fra il 1992 e il 1993, dapprima sotto la presidenza di Ciriaco De Mita, poi di Nilde Iotti.
Che dire di questi scritti? Del Miglio "politico" è stato detto fin troppo, al punto da mettere in ombra l'attività di politologo che è sempre stata la sua unica e vera professione. Al termine della carriera universitaria Miglio ha inteso offrire un contributo di riflessione, di progettualità e anche d'iniziativa politica nella direzione delle riforme costituzionali che, da anni, erano al centro della sua attenzione e, nel contempo, al vertice dell'agenda politica. Oltre al fascino di una riflessione teorica fra le più originali che mai vi siano state nel contesto culturale e politico italiano, emerge da queste pagine - che per volontà dell'editore saranno in commercio a partire da gennaio 2012 - il gusto della provocazione e del sarcasmo, che ne rende a tratti divertente la lettura. Vi sono poi qualità oratorie e profondità dell'analisi che, purtroppo, in questi ultimi anni nessuno ha più espresso in Parlamento (sic!).
Ne diamo testimonianza pubblicando un estratto di grande attualità: il dibattito sulla fiducia votata al Governo Amato il 1° luglio 1992, l'esecutivo d'emergenza chiamato a gestire il rischio di bancarotta dei nostri conti pubblici nell'autunno della Prima repubblica. Un Governo Monti ante litteram, categoria in cui possiamo annoverare, per certi aspetti, anche il Governo Dini del biennio 1995-96 (venne impostata allora la riforma delle pensioni, che in realtà poi non è stata mai attuata). Il tono dell'intervento di Miglio è gustoso, rivolto a colpire con sottili frecciate i "soloni" democristiani, che di lì a poco sarebbero stati travolti da Tangentopoli (Mario Chiesa era stato arrestato nel febbraio dello stesso anno). 
Le vicende del Governo Monti confermano le difficoltà del sistema politico ad affrontare le riforme strutturali, per una ricorrente miopia della classe dirigente; diceva Alcide de Gasperi: «un politico guarda alle prossime elezioni, uno statistia alla prossima generazione». Compito dei cosiddetti "tecnici", che in realtà invece sono dei veri "cirenei" - come dice Miglio nelle sue conclusioni - è quello di surrogare a tale deficienza. Ma il problema rimane, ancor più aggravato, perché nel frattempo vi è stato un ulteriore, e grave, downgrade del ceto parlamentare. La Prima repubblica, con tutti i suoi difetti, almeno riusciva ancora a portare in Parlamento figure del livello di Gianfrano Miglio; oggi invece le persone di valore, di cui la Repubblica ha bisogno come l'aria, devono essere nominate senatori a vita dal capo dello Stato, perché i partiti portano in Parlamento soggetti come Domenico Scilipoti.    
(* Docente di Sociologia dei fenomeno politici, Università dell'Insubria - Tra i curatori del volume)


Monti: Lo descrivono come un super-economista: ecco i suoi gravi errori




Ce lo propongono come il "tecnico" che tutto il mondo ci invidia: ma a giudicare da alcuni aspetti poco conosciuti della sua carriera, il nostro "eroe" proprio senza macchia non sembra: vi illustriamo quattro "punti".


1 - Monti e il successo dell'Euro e della Grecia
"Oggi stiamo assistendo al grande successo dell'euro e la manifestazione più concreta di questo successo è la Grecia, costretta a dare peso alla cultura della stabilità con cui sta trasformando se stessa". Monti ha pronunciato questa "discutibile" affermazione appena un mese prima che la Grecia facesse la fine che tutti sappiamo. Era il 26 Settembre 2011, ed era ospite de "L'Infedele" di Gad Lerner su La7.



Questo discorso dovrebbe dirlo al popolo greco: che ha visto chiudere 1 negozio su 4, numerose aziende hanno chiuso i battenti, con la disoccupazione - che è in aumento - che si sta avvicinando alla soglia del 20% mentre il numero dei senzatetto è aumentato del 25% in due anni... (vedi Grecia, dati shock sulla crisi: sicuri che la stessa sorte (o simile) non ci tocchi?). Una situazione drammatica destinata a peggiorare, in virtù della durissima manovra finanziaria varata dal governo greco sotto dettatura della BCE, appena un mese fa (licenziamento degli statali, forte aumento della pressione fiscale a fronte della riduzione degli stipendi, che saranno ricontrattati a livello nazionale.) Era il 25 Ottobre quando sulle pagine del nostro blog scrivevamo che "la stangata subita dai cittadini greci deve farci riflettere". E per il popolo greco, non è finita qui: altrimenti non avrebbero "spodestato" Papandreu per sostituirlo con un uomo di fiducia della BCE, con il preciso compito di inasprire l'austerity, esattamente ciò che farà Monti in Italia.



Vuoi saperne di più circa la situazione della Grecia? Ti consigliamo la lettura dei seguenti articoli:
Grecia in svendita: tagli a pensioni e stipendi, nuovi licenziamenti , Grecia, stipendi a picco: meno 7,6% nel trimestre Per dodici mesi riceverà il 60 per cento del proprio stipendio, per poi essere licenziata Default Grecia: il circolo vizioso che porta il paese al fallimento  il documento della Troika sulla Grecia: (file PDF, inizialmente era "strictly confidential")


2 - Tra il 1989 al 1992 ha ricoperto l'incarico di sottosegretario al Ministero del Bilancio del governo Andreotti. Era membro di tre commissioni importantissime: quella sul debito pubblico, quella sulla spesa pubblica e nel comitato scientifico della programmazione economica. Il risultato conseguito in quel periodo? Il debito pubblico aumentò. Forse è per questo motivo che di questa sua esperienza amministrativa non viene menzionata mai nel suo curriculum ufficiale. Non compare mai nel curriculum ufficiale di Mario Monti. Né in quello della Università Bocconi, né in quelli da commissario europeo. A sollevare il velo ci ha pensato Paolo Cirino Pomicino. LEGGI TUTTO


3 - Nel 1999, quando ricopriva il ruolo di "commissario europeo", fu costretto alle dimissioniper "accertata responsabilità collegiale dei commissari (e lui lo era) in vari casi di FRODE, CATTIVA GESTIONE E NEPOTISMO. 





4 - L'appartenenza ad associazioni massoniche e i rapporti con le lobby finanziarie della crisi. Degli aspetti descritti sopra, non ne parla praticamente nessuno; così come nessuno sembra sentire l'esigenza di chiedere quantomeno spiegazioni sul fatto che il "professore" faccia ufficialmente parte di associazioni massoniche di livello mondiale, che mantengono stretto riserbo sugli obiettivi che perseguono - il "Bilderberg group" e la "Commissione trilaterale", di cui Monti è presidente europeo. Altra questione che riteniamo molto preoccupante, sono i legami di Monti con le più potenti holding-lobby mondiali, ad iniziare dalla potentissima banca USA "Goldman Sachs", ritenuta universalmente alla base della crisi economica. 


Il gruppo Bilderberg, la commissione trilaterale, e la Goldman Sachs hannostretti legami tra loro: uno scambio di uomini e affari. Molti uomini della Goldman Sachs fanno parte delle associazioni massoniche, mediante le quali interagiscono con altre holding/lobby o con uomini che ricoprono ruoli chiave, è il caso dei membri del governo USA, e da un mese a questa parte, anche Grecia e Italia. Ma non solo. 


Per comprendere le ragioni della viva preoccupazione che suscita il fatto che un uomo legato a doppio filo a Goldman Sachs abbia le redini del governo (con potere praticamente illimitato, visto che Monti ha rifiutato accordi programmatici di qualsiasi tipo, pretendendo "carta bianca" che per un motivo o per un altro, gli è stata concessa praticamente da tutti) vi consigliamo di guardare il documentario di Micheal Moore: "Capitalism a love storyè davvero ILLUMINANTE!Girato nel 2009, spiega in modo chiarissimo la correlazione tra la crisi economica e le lobby finanziarie, ad iniziare proprio da Goldman Sachs: spiega ciò che è avvenuto in USA, e ciò che succederà in Europa ed in Italia...

Sull’Ue Bossi aveva capito tutto. Nel 1998!


di Riccardo Ghezzi
teso originale disponibile su : www.questaelasinistraitaliana.org

Nel 1998 presidente del Consiglio era Romano Prodi, reduce dalla vittoria alle politiche del 1996, ma lo sarebbe stato ancora per poco: il 21 ottobre il suo governo sarebbe caduto, aprendo la strada ad un nuovo esecutivo guidato da Massimo D’Alema. La Lega Nord era all’opposizione, ma non allineata al centro-destra: nel ’96 si è presentata alle elezioni da sola, dopo aver sfiduciato Berlusconi due anni prima. Per il Carroccio erano gli anni della dichiarazione d’indipendenza della Padania, il parlamento del nord di Mantova, gli scontri con le Forze dell’Ordine in via Bellerio, le perquisizioni nelle case dei militanti, i cortei di resistenza fiscale, la “guerra” con il pm di Verona Guido Papalia e il “No” alla Bicamerale. L’euro non esisteva ancora, avrebbe debuttato nei mercati finanziari un anno dopo, nel 1999, e sarebbe circolato nei 12 Paesi Ue che per primi l’hanno adottato (tra cui l’Italia, ammessa proprio nel maggio 1998) a partire dal 1 gennaio 2002.
In questo contesto si è svolto il Congresso Straordinario Federale della Lega convocato nei giorni 27-28-29 marzo 1998 presso il PalaTrussardi di Milano.
Umberto Bossi, leader del partito allora come oggi, ha parlato sia sabato 28 sia domenica 29. I testi dei discorsi sono disponibili integralmente sul sito on line della Lega.
Stupisce rileggere oggi, a 13 anni di distanza, alcune frasi pronunciate da Bossi in quel sabato 28 marzo 1998. Ha parlato della situazione politica di quei giorni, della Bicamerale, ma anche di Unione Europea. Vale la pena riportare due tra le frasi più lungimiranti
‎”L’idea nata nel dopo-guerra per scongiurare altre guerre tra Stati Europei sta ora partorendo un mostro che non genererà né democrazia, né stabilità, né vantaggi economici per tutti. Non può generare democrazia perché il suo parlamento non legifera: è l’Europa dei grandi capitalisti. Il popolo, gli artigiani, gli imprenditori, i cittadini non ci sono oggi né tantomeno ci saranno domani, perché non potrà mai nascere un’Europa politica”.
(…) “Comunque la si veda, resta il fatto inconfutabile che l’Europa è solo una difesa del mercato europeo, un protezionismo quindi, che come tutti i protezionismi favorisce le grandissime imprese, i grandi affaristi, che hanno come interlocutore lo Stato nazionale. Sono gli stessi poteri che adesso vivono grazie ai soldi dello Stato di cui sono i padroni e che fanno l’Europa monetaria per essere ancora più padroni dello Stato nazionale.
Le leggi finanziarie degli Stati si ridurranno ad un semplice fax inviato da Bruxelles, dal Consiglio d’Europa, terminale europeo delle cento grandi famiglie europee. Con l’ingresso in Europa, l’Italia non avrà più a sua disposizione la leva monetaria, cioè se gli mancano i quattrini non potrà più stampare altri titoli di stato, per favorire l’economia non potrà più svalutare la moneta, perché gli resterà solo la leva fiscale e i quattrini dovrà toglierli maledettamente e subito dalle tasche dei cittadini, evidentemente aumentando la pressione fiscale”.
Non si può dire che non ci abbia azzeccato!

martedì 22 novembre 2011

CALDEROLI - CITTADINANZA: “IUS SOLI? CAVALLO DI TROIA PER DARE VOTO AGLI IMMIGRATI PRIMA DEL TEMPO...”


(ASCA) - Roma, 22 nov - Il diritto di cittadinanza agli immigrati nati in Italia potrebbe essere un cavallo di Troia per concedere loro il diritto di voto prima del tempo previsto dalla legge. E' quanto paventa RobertoCalderoli, della Lega Nord.

''La vera follia sarebbe quella di concedere la cittadinanza basandosi sullo ''ius soli' e non sullo ''ius sanguinis', come prevede invece oggi la legge - spiega il coordinatore delle segreterie nazionali del Carroccio - . La Lega Nord su questa materia e' pronta a fare le barricate in Parlamento e nelle piazze''.

''Non vorrei - sottolinea - che questa idea altro non sia che il cavallo di Troia che, utilizzando l'immagine dei 'poveri bambini', punti invece ad arrivare a dare il voto agli immigrati prima del tempo previsto dalla legge...''.

MAFIA: MARONI,SEQUESTRATI BENI PER 25 MLD,SI POSSONO VENDERE

ROMA, 21 NOV - ''A oggi ci sono oltre 50 mila beni sottratti alla criminalita' organizzata per un valore superiore a 25 miliardi di euro. Ma i professionisti dell'antimafia, che ancora esistono, hanno gridato allo scandalo quando ho proposto di venderli. Dicono: se li vendiamo se li ricompra la mafia. Bene, dico io, allora li sequestriamo di nuovo''. Lo ha detto l'ex ministro dell'Interno Roberto Maroni, in un'intervista al settimanale ''Oggi'', in edicola da mercoledi'. ''Una grande parte della sinistra - prosegue Maroni - considera culturalmente la lotta alla mafia come suo patrimonio esclusivo. Un ministro non di sinistra che fa realmente attivita' antimafia per loro e', come dire, fastidioso. Nel 2008 arrivo al ministero, c'e' la lista dei 30 latitanti piu' pericolosi. Fra loro c'e' quello che ha rapito, ucciso e sciolto nell'acido il figlio dodicenne del pentito Di Matteo, e quello che ha dichiarato di averne ammazzati cosi' tanti da poterne riempire un cimitero. Bene. Dopo tre anni ne sono stati catturati 28. Vado in commissione Antimafia, si alza uno della sinistra e dice: pero', ministro, deve ammettere che ne mancano ancora due...''.

lunedì 21 novembre 2011

ROMA CAPITALE: CALDEROLI, ONORATO AVER BLOCCATO DECRETO LEGISLATIVO DI ROMA CAPITALE PER 2 SEDUTE


(ANSA) - MILANO, 21 NOV - ''Sono onorato di aver bloccato
nelle ultime due sedute del Consiglio dei Ministri il decreto
legislativo sulle funzioni di Roma Capitale, perche' quel
decreto era impresentabile ed inaccettabile, come testimoniato,
peraltro sia dalla contrarieta' della Governatrice del Lazio,
Renata Polverini, che aveva revocato in forma scritta l'intesa
gia' sottoscritta a riguardo con il sindaco Gianni Alemanno, che
dalla non condivisione di numerosi dicasteri'': lo afferma, in
una nota l'ex ministro Roberto Calderoli.
   ''Stupisce - prosegue il coordinatore delle segreterie
leghiste - che un Governo che a parole nasce per mettere in
sicurezza i conti dello Stato e per promuovere la crescita del
Paese approvi, come suo primo atto legislativo, un decreto che
servira' soltanto a promuovere la spesa pubblica a vantaggio di
una cicala che ha creato il piu' grande debito pubblico assoluto
di un Comune nella storia, una cicala che ha gia' ricevuto
troppo. Basta soldi a Roma!''

Roma Capitale: sloccati 350 milioni per sanare il BUCO della sanità laziale. A pagare sempre quelli


Il governo Monti approva il decreto per “Roma capitale”, il sindaco Gianni Alemanno brinda in piazza e la Lega Nord si arrabbia. “Ce l'abbiamo fatta. L'ultimo giorno utile è passato in prima lettura, in Consiglio dei ministri, il decreto legislativo per Roma capitale – è il commento del sindaco passando a Palazzo Chigi al termine del primo Consiglio dei ministri del governo Monti che ha approvato in prima lettura il secondo decreto per Roma Capitale, quello che stabilisce il trasferimento di alcuni poteri dallo Stato e dalla Regione Lazio al nuovo Ente istituzionale. Ecco il commento dell’onorevole bergamasca Carolina Lussana. “Spiace constatare che uno dei primi provvedimenti varati da questo nuovo Governo sia stato quello di sbloccare 350 milioni di euro per il piano di rientro sanitario della Regione Lazio e che a pagarlo non saranno solo i cittadini Laziali ma ancora una volta anche quelli.

Maroni: da Monti solo tasse, faremo opposizione dura

"Le prime misure del governo Monti prevedono solo tasse: così sono capaci tutti. Se è così bisogna fare opposizione dura, alla quale si prepara la Lega. Perché così c'è l'Ici, l'aumento dell'Iva, la patrimoniale, le pensioni per fare cassa: come può il Pdl votare misure del genere?". Lo sostiene l'ex ministro della Lega Roberto Maroni, parlando alla Telefonata su Canale 5. 

 Per quanto riguarda un eventuale incarico Maroni ha precisato: "Di tutto ho voglia, tranne che ricoprire un'altra poltrona. Vengo da tre anni di impegno da ministro dell'Interno, non mi sono mai candidato al Copasir. Voglio solo fare il parlamentare e il leghista". Quanto al rapporto con il pdl Maroni ha chiarito che è tramontata la possibilita' di proseguire l'allenza con il Pdl. . "Tutti dicono che il governo Monti durera' fino al 2013 - ha aggiunto Maroni -, in questi 15 mesi valuteremo se e come sarà possibile ricostruire un'alleanza che, nelle Regioni e nei territori c'e' e continua. Sappiamo fare la differenza fra livello nazionale e locale, alle politiche il percorso e' tutto da ricostruire".

venerdì 18 novembre 2011

Maroni indeciso tra il Copasir e la guida del gruppo in Aula

È vero che, per legge, al Copasir, commissione bicamerale di garanzia, la presidenza deve andare a «componenti appartenenti ai gruppi di opposizione». Ma questo è anche l'unico caso. Infatti, le presidenze della Vigilanza Rai e delle altre Giunte vanno all'opposizione solo in virtù della prassi. E considerata l'eccezionalità della nuova maggioranza allargata che sostiene l'esecutivo Monti, viene spiegato da fonti parlamentari, tutto potrebbe restare così com'é. Di certo finora c'é che l'unico gruppo all'opposizione del nuovo governo è la Lega. E non a caso Roberto Maroni, ex ministro dell'Interno, viene dato in pole position per la guida del Copasir. «È chiaro che Maroni è colui che nel Carroccio ha il profilo più autorevole per l'incarico", spiega un parlamentare vicino all'ex ministro dell'Interno. «Ma - precisa subito dopo - occupare questo incarico, pur prestigioso, significherebbe rinunciare a un ruolo diretto nella definizione della politica del movimento: quello su cui Maroni si vuole concentrare ora». In altre parole, rinunciare a fare il capogruppo al posto di Marco Reguzzoni, cosa che tra le altre cose avrebbe confermato ieri Roberto Calderoli che, incontrato alla buvette del Senato avrebbe escluso la possibilità che gli attuali capigruppi vengano sostituiti. Ma per mettersi al sicuro e «salvare» Reguzzoni, i più vicini a Bossi, invece, sperano che l'ex titolare del Viminale sia già pronto per occupare la poltrona su cui adesso è seduto Massimo D'Alema. E proprio l'attuale presidente del Copasir ha annunciato ieri che, dopo la fiducia all'esecutivo Monti, rimetterà il suo mandato nelle mani dei presidenti delle Camere. L'altra commissione che spetterebbe all'opposizione è la Vigilanza Rai guidata attualmente dal senatore del Pd Sergio Zavoli. Ma qui si entra, appunto, sul piano della prassi e quindi Zavoli non è costretto a lasciare. E infatti, a chi glielo chiede, risponde serafico: «Non vedo perché dovrei». Aggiungendo un più cauto, «comunque poi si vedrà». Poi chiude: «Come mi piacerebbe non essere bipartisan....».

La Lega critica Giarda: «A Roma in elicottero dei Vigili del Fuoco»

MILANO - L'onorevole Maurizio Fugatti (Lega Nord) critica in una nota l'utilizzo dell'elicottero dei Vigili del Fuoco di Trento che ieri avrebbe trasportato da Trento a Roma il neo ministro Piero Giarda.
IL VOLO - Il volo - avvenuto secondo la stampa locale trentina tra le 13 e le 17 - sarebbe stato organizzato per consentire a Giarda di raggiungere la Capitale per il giuramento al Quirinale. «Apprendiamo dai quotidiani locali - scrive Fugatti - che il neo ministro dei Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, mercoledì sarebbe arrivato a Roma per giurare al Quirinale direttamente da Trento con un elicottero messo a disposizione dalla provincia autonoma di Trento. Non sappiamo se la notizia corrisponda al vero, anche se ampiamente documentata dai quotidiani locali, ma qualora corrispondesse alla realtà crediamo che oltre all'inopportunità di una simile scelta ci si debba interrogare sulla sconvenienza nel modo di agire. A spese di chi ha viaggiato il neo ministro Piero Giarda nel suo trafelato viaggio verso Roma? E soprattutto ha pagato lui o i contribuenti trentini? Crediamo che una risposta chiarificatrice sia quantomeno opportuna». 

giovedì 17 novembre 2011

Il governo Monti ha aperto una prateria per la Lega


Che sia tecnico o politico, il governo Monti ha fatto il regalo più grosso alla Lega. Umberto Bossi dovrebbe ringraziare il neosenatore a vita di aver creato un governo partito zoppo. Difficilmente arriverà al 2013, ma anche se fosse lascerebbe giusto il tempo al Carroccio di tornare il partito di una volta: la Lega di lotta. Monti ha aperto una prateria in cui le camicie verdi potranno pascolare raccogliendo consensi.

La ragione è presto detta. L'esecutivo Monti si trova davanti una bella gatta da pelare. Deve rilanciare l'economia e ridare lustro alle istituzioni appannate dal governo Berlusconi. E' indubbio che Monti sappia già come agire, ma il problema sarà avere l'appoggio dei partiti. Il Pdl si metterà di traverso su certi temi, come la patrimoniale. E il Pd su molti altri, ad esempio i licenziamenti. Tra i due litiganti sarà la Lega a godere. Bossi avrà l'opportunità di rifarsi una verginità. Potrà lanciare invettive contro l'inciucio, contro Roma ladrona, contro i poteri forti che hanno messo al governo un tecnocrate-marionetta delle banche e dell'Europa. Il Senatùr farà appello al 'suo popolo' perché si prepari alla secessione e alla difesa del Nord. Sarà l'unico leader a non essersi 'immischiato' con Monti e questo porterà il suo partito a raccogliere sempre più consensi, specie in un panorama politico in cui Berlusconi, azzoppato, ha deluso la base del Centrodestra.

Proprio oggi la segreteria politica del Carroccio ha deciso la riapertura del Parlamento Padano. Un organismo non istituzionalmente riconosciuto, che ha lo scopo di creare un governo ombra che dia voce ai 'popoli liberi del nord'. Un atto simbolico, ma che rende l'idea del tono della conversazione che Bossi vuole mantenere. C'è poi l'affronto portato al neopremier. Durante le consultazioni prima della formazione del governo, Monti ha incontrato di persona tutti i leader dei partiti politici, tranne uno: Umberto Bossi. Il Senatùr si è limitato a telefonare al neo premier per comunicargli che la Lega non avrebbe votato la fiducia al governo tecnico.
 
bossi pontida 420
Anche la base leghista si scalda e torna a chiedere la secessione, bacchetta Berlusconi, grida al colpo di Stato. La rabbia dei leghisti 'graffia' i microfoni di Radio Padania, che non a caso ha deciso di tenere i telefoni aperti, 16 ore no-stop dalle 6 fino alle 22. Si susseguono gli interventi dei radioascoltatori che puntano il dito contro il Professore e prendono di mira il Capo dello Stato, responsabile di "un vero e proprio golpe". Più volte ne vengono sottolineate le origini campane, mentre si aprono le scommesse sulle "vittime del nuovo fantagoverno".

Tra chi teme i licenziamenti facili, chi già prevede un attacco alle pensioni, il ritorno dell'Ici e la temuta patrimoniale, non manca chi confessa che, già da domani, andrà "a prelevare i risparmi: sono solo seimila euro", spiega un radioascoltatore", ma non voglio che prendano neanche un centesimo dei miei soldi". "Fucili alla mano, Padania libera", tuona un altro 'lumbard', mentre la base del Carroccio si ricompatta "attorno al leader indiscusso": Umberto Bossi. "Coraggioso", "fermo", "responsabile", "granitico" nella sua decisione di non prender parte "all'ammucchiata".

"Bossi, dimmi quello che devo fare e io lo faccio". "Scendiamo in piazza e mostriamo la nostra gente come facevamo una volta", spiega una camicia verde. "Facciamo vedere la nostra forza e sentire il nostro grido di dolore". Governo Monti espressione e sinonimo, per la base leghista, dei "poteri forti": "diventeremo schiavi delle banche", lamentano più voci, "con quale faccia la sinistra e Di Pietro potranno appoggiarlo?". "E' questa la cosa che sopra ogni altra mi meraviglia", dice Osvaldo da Brescia. "Oltre al fatto che poi la gente continuerà a votare questi voltagabbana. Mentre la Lega pensa alla gente comune, e non solo a quella del Nord".

martedì 15 novembre 2011

REGIONI A CONFRONTO: Stile lombardo per risparmiare 785 milioni


Non è vero che tutti i giudici sono schiacciati dagli arretrati. Nicola Durante, ad esempio, al Tar di Salerno deve avere un mucchio di tempo libero. Infatti fa anche il dirigente alla Regione Calabria.
Due lavori, due stipendi, benefit deluxe. A partire dall'auto blu. Prova provata che nelle Regioni, se Mario Monti userà le forbici, c'è da tagliare, tagliare, tagliare. Si pensi che la Campania ha più dipendenti che Lombardia, Piemonte e Liguria insieme. E che organici «alla lombarda» permetterebbero risparmi per oltre 785 milioni.
Dice un rapporto della Corte dei Conti che quelle Regioni varate nel 1970 per alleggerire lo Stato, si sono via via gonfiate come un panettone impazzito. Al punto che oggi quelle 15 che sono a statuto ordinario hanno 40.384 dipendenti. Vale a dire 78,8 ogni 100 mila abitanti. Tanti, ma vale più che mai la regola del pollo di Trilussa. C'è infatti chi non arriva a 34, come appunto l'ente guidato da Roberto Formigoni, e chi sfonda la barriera del suono clientelare come il Molise. Dove Michele Iorio, dello stesso partito del collega milanese (a dimostrazione che anche in questo caso le differenze di colore non sono poi così importanti) governa su un piccolo regno che ogni centomila abitanti di regionali ne ha 291: 8 volte e mezzo di più.
«Polentoni» e «terroni»? Fino a un certo punto. Tanto è vero che, sempre rispetto all'unità di misura citata, la «destrorsa» regione Piemonte di dipendenti ne ha 70,5 e cioè più del doppio dei cugini lombardi. E non ha neppure peso, come dicevamo, la tintura rossa o blu. Prova ne sia che l'Umbria, da sempre amministrata dalla sinistra, ha proporzionalmente il doppio dei «regionali» (159 contro 74,5 ogni centomila residenti) della vicina Toscana. Quanto alla tanto maledetta «Roma ladrona», il Lazio si ritrova a essere con l'indice 62,8 non solo nettamente al di sotto della media ma addirittura di regioni comunemente più virtuose quali l'Emilia-Romagna (68) o la Liguria (68,6).
Una giungla inestricabile. Che dimostra come il principio di autonomia costituzionale abbia avuto giorno dopo giorno un'interpretazione assai singolare: ogni Regione va per conto proprio. Con sprechi e diseconomie in molti casi allucinanti. Basti dire che, se si utilizzasse come criterio generale il parametro della Lombardia (quei 34 «regionali» scarsi ogni centomila residenti) quelle quindici regioni ordinarie, che hanno esattamente le stesse competenze, potrebbero tagliare addirittura 23.015 unità. E svolgere gli stessi compiti quotidiani con appena 17.369 persone. Con un risparmio, per le casse pubbliche, di 785 milioni e 350 mila euro l'anno. È la somma che avrebbe permesso lo scorso anno di compensare largamente il costo (645 milioni) degli interventi d'emergenza per i disastri ambientali. Oppure permetterebbe di coprire in nove anni il costo del piano straordinario di infrastrutture per il Sud. Per non parlare dei risparmi impliciti nel dimagrimento di strutture spesso elefantiache e inefficienti: ogni ufficio in più, ogni dirigente in più, ogni funzionario in più vuole mettere becco in questa o quella pratica. Non sono una ricchezza: sono un lacciuolo supplementare.
Ci sono numeri davanti ai quali è impossibile non fare un salto sulla sedia. Quei 17.369 dipendenti che utilizzando il «parametro lombardo» basterebbero a far funzionare le 15 Regioni ordinarie, sono infatti meno di quanti sono oggi in carico alla Campania (che negli ultimi quattro anni ha ancora gonfiato gli organici di circa il 10%), alla Puglia, alla Calabria, alla Basilicata. I quali sono 17.607. E non parliamo della Sicilia. Dove, secondo i giornalisti Enrico Del Mercato ed Emanuele Lauria, autori del libro «La zavorra» (un atto d'accusa della classe dirigente locale micidiale proprio perché scagliato da siciliani) i dipendenti complessivi del ciclopico carrozzone guidato da Raffaele Lombardo, compresi forestali e precari e dipendenti delle Asl, sono 144.147. Ma ne riparleremo.
Per adeguarsi al parametro virtuoso, il governatore della Campania Stefano Caldoro sarebbe costretto ad affrontare moti di piazza: dovrebbe perdere 6.007 dipendenti, con un risparmio pazzesco, pari a oltre il 68% della spesa per gli stipendi. Parliamo di una cifra che nel 2009 avrebbe coperto un terzo del disavanzo sanitario regionale. Ma ancora più dura sarebbe la cura per una Regione "rossa" per eccellenza come l'Umbria. Il suo personale dovrebbe dimagrire di quasi il 79%, passando da 1.432 a 305 unità. E anche le Marche potrebbero avere bruttissime sorprese, dovendo scendere da 1.487 a 529 dipendenti. Mentre il personale di una terza Regione storicamente amministrata dal centrosinistra, la Basilicata, sarebbe ridotto di cinque volte: da 1.052 a 200.
C'è chi dirà: certo, Stato, Regioni ed Enti locali sono da sempre un ammortizzatore, soprattutto al Sud.Vogliamo licenziare tutti quelli in soprannumero? Buttare nella disperazione, di questi tempi, decine di migliaia di famiglie? No, certo. Ma è fuori discussione che numeri come quelli devono dare risultati diversi. Garantire un'efficienza diversa. Da recuperare anche attraverso una maggiore elasticità. E una rottura con vecchi meccanismi inaccettabili a maggior ragione dall'Europa, chiamata oggi a intervenire per arginare problemi dovuti proprio alla scarsa credibilità.
Quale credibilità può avere, ad esempio, una regione come quella campana governata fino all'anno scorso da Antonio Bassolino dove le promozioni sono state distribuite per anni nel modo indecente denunciato da un rapporto degli ispettori della ragioneria generale dello Stato? C'è scritto, in quel dossier, che pressoché tutti i dipendenti hanno goduto, nel periodo compreso fra il 2002 e il 2008, di «progressioni orizzontali». Cioè, in gergo tecnico, aumenti di stipendio concessi nel pubblico impiego a parità di mansione. Fatta eccezione per 21 persone che proprio non potevano essere salvate a causa di gravi provvedimenti disciplinari, solo fra il 2004 e il 2005 ne hanno goduto in 7.254 sui 7.275 allora in servizio. Vale a dire il 99,7%. Dov'è, il «merito»? Perché mai un inglese, un francese, un danese dovrebbero tirar fuori soldi per un Paese come il nostro se prima non spazza via scelte clientelari e indecenti come queste? Come la spieghiamo, agli europei, la sproporzione insultante nella distribuzione dei dirigenti?
Il record assoluto lo detiene il Molise. Con 320 mila abitanti, non solo ha quei 934 dipendenti regionali di cui dicevamo. Ma la bellezza di 87 dirigenti: undici volte di più, in proporzione, di quelli che avrebbe allineandosi alla Lombardia: 8. Ma sono tante le regioni che perderebbero grappoli di dirigenti: scenderebbe da 221 a 128 del Veneto, da 114 a 35 l'Abruzzo, da 93 a 23 l'Umbria, da 167 a 52 la Calabria, da 71 a 15 la Basilicata...
Una strage di colletti bianchi. Immaginatevi dunque la preoccupazione, nel caso il nuovo governo decidesse di mettere ordine, di quel «colletto» di cui dicevamo, il calabrese Nicola Durante. Un uomo dalla doppia vita. Nella prima guadagna una busta paga come giudice del Tar di Salerno, dove dicono di vederlo quando c'è udienza e dove mesi fa ha annullato il sequestro di una casa abusiva perché il decreto di abbattimento non era stato notificato al titolare dell'abuso ma consegnato a mano a suo fratello. Nella seconda fa il Capo dell'Ufficio Legislativo della regione Calabria, dove è stato preso dal governatore Giuseppe Scopelliti con un contratto da 176.426 euro e 57 centesimi l'anno. Più una «retribuzione annua di risultato». Più i rimborsi spese «a pie' di lista». Più il «trattamento di missione nella misura massima prevista per la dirigenza regionale». Più, a spese dei cittadini, si capisce una speciale «copertura assicurativa della responsabilità civile e amministrativa per i danni eventualmente arrecati a terzi o alla Regione nell'esercizio dell'attività istituzionale, ivi comprese le eventuali spese di giudizio sostenute». «E l'auto blu?», direte voi ansiosi. Tranquilli: ce l'ha, ce l'ha...