lunedì 25 aprile 2011

Europa, un progetto lasciato a metà

Un lavoro concluso solo in parte per cui ora se ne pagano le conseguenze. Questo sembra essere oggi il processo d’integrazione europea sepolto dalla valanga di euroscetticismo che sta travolgendo il vecchio continente. Dalla Finlandia a Lampedusa, dalla Polonia al Portogallo, la reputazione dell’Unione europea non è mai caduta così in basso e molti partiti fanno a gara per mostrarsi più euroscettici per migliorare le proprie performance elettorali.

Le cause di questo trend non sono facilmente individuabili, tuttavia è ragionevole pensare che la mancata conclusione, soprattutto a livello politico, del processo d’integrazione europeo abbiano avuto il loro peso. Se sul piano economico l’unificazione europea è diventata realtà, grazie all’abbattimento delle barriere doganali e la nascita di una valuta comune, non altrettanto si può dire per l’integrazione politica. I cittadini europei infatti (malgrado qualche “mal di pancia”) s’ identificano nella moneta unica, mentre in campo politico non trovano un equivalente a cui fare riferimento. Essi vedono solo un’istituzione con poteri limitati (benché spesso ciò avvenga a causa dell’ostruzionismo dei governi nazionali) da cui si sentono lontani e che ritengono non abbia ricevuto alcuna investitura popolare. In un certo senso si può dire che l’Unione Europea è messa in discussione non solo perché sottrae potere agli stati nazionali ma, paradossalmente, perché non è riuscita in passato ad acquisire il peso politico necessario per guidare il continente. Niente di cui stupirsi, del resto lo stesso trattato di Lisbona altro non è che una versione soft del trattato di Nizza bocciato dai Francesi con il referendum del 2005.


La crisi di popolarità dell’Ue potrebbe però anche essere collegata al calo dei consensi che negli ultimi anni ha toccato la maggior parte dei partiti tradizionali un po’ in tutta Europa. Come spiega adAffaritaliani.it il professor Roger Eatwell, docente di Scienze politiche all’Università di Bath, il processo d’integrazione europea è stato spesso visto come un progetto delle elites politiche, così quando queste hanno avuto un calo di consensi anche il loro operato è stato rimesso in discussione. Dell’attuale debolezza dell’Europa ne approfittano molti governi nazionali poiché permette loro di usare l’UE come capro espiatorio per i fallimenti di molte politiche adottate in realtà a livello nazionale. L’Italia in questo senso ne è un valido esempio. L’Ue poteva forse fare di più per aiutare Roma nella crisi degli immigrati. Ma era prevedibile che la cifra di 25.000 tunisini non fosse sufficiente per far scattare l’allarme a livello comunitari. Del resto sono molti più i profughi che dall’Europa dell’est negli anni novanta hanno raggiunto la Germania e nell’occasione l’Europa ha taciuto. Cercare poi di “scaricare” i profughi tunisini ai Francesi con il trucco dei permessi di soggiorno temporanei (quasi tutti i permessi di soggiorno rilasciati dalle Questure italiane sono temporanei) è stata una furbata italiana immediatamente smascherata dai cugini d’oltralpe.


Tuttavia il malcontento verso l’Unione europea non significa necessariamente che sia in corso una crisi di rigetto verso l’Europa in generale. Spesso l’euroscetticismo è indirizzato verso un modello d’Europa, ma non contro il progetto d’integrazione europea in assoluto. In molti casi si contestano alcune forme troppo spinte d’integrazione che vanno a scapito della politica nazionale o il fatto che nel progetto siano stati coinvolti anche paesi poco affidabili (vedi Grecia e Portogallo) per i cui errori oggi tutti quanti sono chiamati a fare sacrifici. Ma ciò non significa che si voglia mettere in discussione l’Unione in sé stessa. La stessa Sinistra francese, che votò No al referendum del 2005 contro la costituzione europea assestando un colpo durissimo al processo d’integrazione, affermò di non essere anti-europeista ma solo di volere un’Europa meno “finanziaria” e più solidale. L’Unione europea si è sempre presentata ai suoi cittadini come la risposta per poter affrontare la sfida delle nuove potenze economiche emergenti come Cina e India. L’idea ha un suo fondamento poiché a tutt’oggi l’Unione europea ha le potenzialità per essere la prima potenza economica del mondo. Il problema è che senza guida politica forte è un gigante azzoppato impossibilitato a far valere il suo potenziale, una debolezza che viene percepita anche al suo interno.


Un primo effetto quest’ondata di euroscetticismo lo ha già ottenuto. Interpellato da Affaritaliani.it il professor Mario Caciagli, docente di Scienza politica all’Università degli studi di Firenze ed esperto di Unione europea, afferma di non escludere, a questo punto, che il processo d’integrazione subisca un’ulteriore e prolungata battuta d’arresto. La cosa rallegrerà gli euroscettici di vari paesi. E sicuramente farà piacere anche alle potenze extraeuropee in espansione.

Massimiliano Santalucia


http://affaritaliani.libero.it/politica/europa_progetto_lasciato.html


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