mercoledì 4 maggio 2011

Il nuovo rito ambrosiano dei pm: scarcerati duecento clandestini

I pm di Milano si sono precipitati a scarcerare quasi tutti gli irregolari, anche quelli che erano detenuti per reati comuni. Ma l’ordine della Cassazione alle procure di adeguarsi alla sentenza europea che boccia la Bossi-Fini è arrivato solo ieri.


Milano L’ordine è partito ieri mattina con un dispaccio inviato da Vitaliano Esposito, procuratore generale della Cassazione, a tutte le procure del Paese: «Liberateli». A meno di una settimana dalla sentenza con cui la Corte di giustizia europea ha bocciato le norme italiane sull’immigrazione clandestina, le porte delle carceri italiane si stanno aprendo per centinaia e centinaia di stranieri irregolari. In alcune città, come Milano, i magistrati non hanno nemmeno aspettato l’ordine della Cassazione. Il procuratore della Repubblica Edmondo Bruti Liberati e il procuratore generale Manlio Minale - attraverso la sua «vice» Laura Bertolè Viale - hanno fatto scattare un piano per ridare immediatamente la libertà a tutti gli extracomunitari detenuti nelle carceri milanesi per avere violato il quinto comma dell’articolo 14 della cosiddetta legge «Bossi Fini»: ovvero per essere rimasti in Italia anche dopo avere ricevuto l’ordine di espulsione. Il quinto comma è la norma che la Corte di giustizia europea ha spazzato via dal nostro ordinamento, considerandola una inaccettabile violazione dei diritti umani dei «migranti».

«Abbiamo dovuto provvedere in tutta fretta - spiega al Giornale una fonte giudiziaria - perché dopo la decisione dell’Alta Corte tutti questi stranieri erano di fatto in carcere senza motivo, e se non li avessimo immediatamente liberati avrebbero potuto denunciare lo Stato italiano e chiedere un risarcimento dei danni».

Secondo un primo calcolo, nel solo distretto giudiziario di Milano sono stati scarcerati in queste ore tra i centocinquanta e di duecento clandestini, tutti già condannati con sentenza passata in giudicato. Gli uffici matricola delle carceri lombarde si sono visti piovere addosso una valanga di fax tutti uguali: «ordine di scarcerazione». Centinaia di detenuti - quasi tutti, racconta chi lavora in carcere, assolutamente impreparati alla notizia - si sono visti invitare a raccogliere le loro cose e ad accomodarsi all’uscita. Da oggi sono di nuovo uomini liberi.

Sono ancora clandestini a tutti gli effetti, perché la sentenza della Ue non è una sanatoria. Ma se verranno fermati nuovamente il peggio che potrà toccare loro è di finire in un Cpt, in attesa di un rimpatrio forzato che non avverrà mai.
Per stilare gli elenchi delle persone da liberare è stata necessaria una attenta verifica, condotta a tempo di record, di una massa imponente di fascicoli. A venire scarcerati sono stati infatti non solo i detenuti condannati unicamente per violazione del quinto comma, ma anche quelli che erano finiti in cella per più reati, ma cui restava da scontare solo la quota di condanna relativa al reato bocciato dai giudici di Lussemburgo.

Già da alcuni mesi a Milano su decisione del procuratore Bruti Liberati il quinto comma non veniva più applicato, in ossequio a decisioni precedenti della giustizia europea. Ma nelle carceri di San Vittore, Opera e Bollate era ancora folta la colonia di irregolari arrestati e condannati nei mesi precedenti. E sono questi clandestini, se non detenuti per altri motivi, a lasciare in queste ore le loro celle. Devono ringraziare uno di loro: Soufi Karim, il giovane algerino condannato l’anno scorso a Trento per essersi ben guardato dall’abbandonare l’Italia nonostante un ordine di allontanamento, e per questo condannato a un anno di carcere. Ma Soufi Karim non s’è dato per vinto, ha presentato ricorso all’Alta Corte europea, con l’appoggio della Corte d’appello di Trento. E la sentenza che il 28 maggio ha accolto il suo ricorso ha travolto di fatto l’intero reato di clandestinità.

Non sempre le decisioni della giustizia europea vengono applicate così rapidamente. Ma in questo caso la Procura generale della Cassazione ha ritenuto che non fosse necessario aspettare altro. La decisione della Corte di Lussemburgo crea la situazione che l’articolo 673 del codice di procedura penale prevede «nel caso di abrogazione o di dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice»: e cioè la scarcerazione immediata.


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