mercoledì 18 maggio 2011

E Salvini: «Chiediamo scusa ai milanesi»

Matteo Salvini, uomo simbolo della Lega a Milano
MILANO - Per Silvio Berlusconi il governo non è a rischio, nonostante il voto a Milano, dove lui stesso era candidato alla testa della lista Pdl, sia andato decisamente male rispetto alle aspettative. Il verdetto finale è rimandato al ballottaggio, all'eventuale recupero o alla definitiva disfatta di Letizia Moratti. Ma nonostante l'ostentazione di ottimismo del premier, in questi giorni i vertici della coalizione di governo devono fare i conti con i malumori che arrivano dalla base della Lega, che - al di là delle rassicurazioni di Umberto Bossi che ribadisce che solo con il Cavaliere si possono fare le riforme e che ha deciso di rimandare a elezioni concluse il chiarimento sulla linea del governo - ha mostrato segnali di insofferenza nei confronti dell'alleanza. Roberto Maroni, intanto, smentisce le ipotesi di stampa di una possibile crisi di governo in caso di sconfitta nel capoluogo lombardo: «Non mi risulta che Bossi abbia mai detto che la Lega se ne va». Parlando in giornata a Montecitorio, però, lo stesso Umberto Bossi non ha cercato di aggirare la questione: «A Milano? Abbiamo perso, abbiamo perso...». E a chi gli chiedeva se la Lega sia pronta a rompere con Berlusconi in caso di vittoria del centrosinistra, ha risposto: «Non vi illudete». Aggiungendo però: «Di certo non ci faremo trascinare a fondo». E non è tutto. Alla Camera il governo è andato sotto per quattro volte nel voto su alcune mozioni che riguardano la situazione delle carceri.

I MALUMORI DEI MILITANTI - Radio Padania Libera in questi giorni ha intercettato molti malumori del popolo leghista, che nei microfoni aperti ha scaricato la propria frustrazione su Berlusconi e su un'alleanza che dopo 17 anni non ha ancora portato il vero federalismo sognato da molti elettori padani. Tanti hanno chiesto una svolta, un ritorno alle origini, ad una Lega dura e pura che non si «inciucia» né con la destra né con la sinistra, anche se poi - hanno fatto notare altri - il solo modo per portare a casa qualcosa è stare al governo e tenere pressati gli alleati, perché «in alternativa c'è solo il colpo di stato». Alcuni hanno fatto notare come gli altri partiti dell'alleanza non vedano poi così di buon occhio la Lega, perché «sono partiti italiani e non padani».

E QUELLI DEI SINDACI -Anche alcuni dei sindaci e degli esponenti più rappresentativi del Carroccio a livello territoriale hanno esternato le proprie perplessità . Flavio Tosi, primo cittadino di Verona, dice - in un'intervista alCorriere del Veneto - che è stata «colpa del Pdl» e «dei bombardamenti sulla Libia». Sul ruolo del partito di Berlusconi, il «borgomastro» veronese è netto: «Ci fa perdere quando non ci permette di restare sulle cose concrete, sui programmi, sui problemi della gente. In questa campagna elettorale qualcuno ha parlato di questioni che non c'entrano nulla con le amministrative, usando toni marcati assolutamente fuori luogo». L'altro aspetto che per Tosi ha pesato sull'elettorato di centrodestra è la guerra in Libia: «Non i profughi - osserva - che i veneti stanno accogliendo con le generosità che li contraddistingue; semmai dei bombardamenti sulla Libia, che stanno costringendo la povera gente ad imbarcarsi. Ma quello non è un errore nostro bensì di Berlusconi e del Pdl». Attilio Fontana, uno degli storici esponenti della Lega in Lombardia e sindaco uscente di Varese (che nella roccaforte del Senatùr è stato costretto, seppur di poco, al ballottaggio) ha invece criticato l'esclusione dell'Udc dalla coalizione che lo sostiene, dovuta perlopiù alle distanze a livello nazionale tra Bossi e Casini, e imputa molti problemi ad una campagna eccessivamente soft condotta dal Carroccio.

«CHIEDIAMO SCUSA AI MILANESI» - Arriva invece addirittura al mea culpaMatteo Salvini, uomo simbolo della Lega a Milano e vicesindaco in pectore in caso di recupero e vittoria della Moratti: «Si è sbagliato e quindi va chiesto scusa ai milanesi perchè non si è fatta la campagna su Milano e sui suoi problemi» e «parlare del tribunale e delle br è stata una fesseria». Non solo: «Che 350mila milanesi non abbiano votato - ha detto Salvini intervenendo ad Agorà, su Raitre - è una sconfitta per il centrodestra. Pisapia ha fatto benissimo il suo lavoro, ha mobilitato il suo elettorato».

SCAJOLA IN MOVIMENTO - Non c'è però solo la Lega ad accusare forti mal di pancia. Anche all'interno del Pdl in molti hanno accusato il colpo e hanno chiesto un'inversione di tendenza. Già da tempo l'area che fa riferimento all'ex ministro Claudio Scajola, che già aveva contestato certe uscite muscolari di alcuni esponenti del governo, come La Russa protagonista dello scontro verbale con i manifestanti che fuori da Montecitorio protestavano per il processo breve e del successivo «vaffa» in Aula all'indirizzo di Gianfranco Fini, manifesta disagio e mette in discussione l'attuale gestione del partito (di cui La Russa è uno dei coordinatori). In questo quadro suscita attenzione l'incontro a Palazzo Grazioli tra lo stesso Scajola e Berlusconi, durato circa mezz'ora. Top secret l'oggetto del faccia a faccia - all'uscita l'ex ministro non ha rilasciato dichiarazioni ai cronisti -, anche se è chiaro che i due non hanno mancato di parlare della situazione politica. Nella corrente di Scajola si era addirittura ipotizzata la creazione di gruppi autonomi alla Camera: prospettiva poi rientrata, ma che aveva rilanciato il tema di un rientro dell'ex ministro - dimessosi dopo il caso dell'appartamento vista Colosseo parzialmente pagato dal giro della «cricca» di Anemone - nell'area di governo.

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