martedì 21 giugno 2011

Ora gli islamici vogliono le moschee di quartiere

Le comunità musulmane non si accontentano della promessa del sindaco e chiedono un centro di culto in ogni zona Ma la Lega frena: "Chiudete viale Jenner, ricettacolo di integralisti". Il Comune: "Entro un anno la soluzione"

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Il sindaco Pisapia ha promesso la moschea. Una però, non di più. Ora invece le comunità islamiche alzano il tiro e chiedono un luogo di culto per ogni quartiere. Cioè: non hanno intenzione di trovarsi a pregare tutti nello stesso posto, ma preferirebbero avere mini moschee, un po’ qua e un po’ là. «Una sola grande moschea - sostiene Abd Al Sabur Turinni, direttore generale della comunità religiosa islamica Coreis - rischierebbe di essere ghettizzata nelle banlieu della città. Molto meglio avere più moschee di quartiere. Tutte alla luce del sole, al riparo da strumentalizzazioni da parte degli integralisti islamici». Anche secondo Mahmoud Asfa, presidente del Consiglio direttivo della Casa della Cultura islamica, sarebbe meglio costruire tante moschee più piccole: «Sarebbe una soluzione più immediata. Poi, a lungo termine, si può anche pensare a una moschea unica, più grande, almeno in vista di Expo. Se Milano vuole realmente essere una città internazionale, allora è giusto che rispetti il diritto di culto di tutti».
D’accordo con il piano delle piccole moschee di quartiere anche lo stesso Abdel Hamid Shaari, presidente del centro culturale islamico, che tuttavia non rinuncia all’idea del Palasharp o di uno spazio equivalente in un’altra zona della città che contenga 2.500 persone. «L’unica condizione che poniamo - precisa - è che l’area sia vicino a una fermata del metrò. Per il resto ci va benissimo una tensostruttura». Shaari, dopo anni di viale Jenner, di preghiere arrangiate sui marciapiedi e di polemiche, ora spera nella nuova amministrazione comunale. «Mi auguro ci sia più apertura - sostiene - perché anche noi siamo cittadini milanesi. Sembra che dentro le moschee accada chissà cosa, ma si tratta solo di costruzioni, di punti di ritrovo entro cui ci troviamo a pregare». Da parte del Comune sono arrivate già le prime rassicurazione alle comunità islamiche. A darle è stato il consigliere Andrea Fanzago: «Formuleremo una proposta entro il primo anno di governo» ha promesso. Ma la Lega frena. «Shaari - spiega Orsatti - prima di cercare il dialogo con l’amministrazione comunale si impegni a chiudere la moschea travestita da centro culturale di viale Jenner, ricettacolo di pericolosi integralisti, come provato da numerose indagini giudiziarie».
La scuola superiore università Iuss di Pavia, che ha condotto una ricerca sul tema delle moschee e dell’integrazione, lancia un’idea: creare un tavolo di confronto, ufficiale o meno, con le comunità islamiche di Milano per trovare una soluzione condivisa da tutti. «Finora, sostiene Emanuela Ceva, coordinatrice scientifica del progetto Respect - non c’è stato un confronto diretto con le comunità musulmane. Invece è necessario subordinare la decisione di un sì o di un no alla moschea a un confronto». Già, ma il leghista Davide Boni precisa: «Senza regole certe non ci sarà nessun tavolo di confronto».
La ricerca Iuss sostiene che dietro la mancanza di una moschea in città ci sia un motivo: e cioè che la minoranza islamica non sia rappresentata da una voce unica. La comunità infatti si articola in 12 associazioni e centri culturali
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