giovedì 25 agosto 2011

Lega, secessione «tattica» per spostare sacrifici al Sud Il vero obiettivo di Bossi è «far pagare chi non paga mai»

MILANO - Dicono che tutto sia riemerso a Domaso, il paese in cima al lago di Como dove è sepolto Gianfranco Miglio. Lo scorso 10 agosto - correva il decennale della morte del professore-ideologo -, Umberto Bossi si è presentato alla commemorazione del vecchio sodale. È lì che il capo padano ha cominciato a ripensare agli anni ruggenti del sogno indipendentista, alle macroregioni, alla «Padania che se ne va». E da lì, anche alla nuova «Padania che sta arrivando». Almeno secondo il titolo del quotidiano leghista di ieri, che a una cronaca dell' ultimo comizio di Bossi affianca un editoriale di Luciano Dussin sull' «Italia, una "famiglia" da cui bisogna uscire». Ancora una volta, torna l' idea della rivolta fiscale: con la proposta-minaccia di aprire «un conto nelle quattro regioni che mantengono le altre e farsi versare le tasse dai propri contribuenti». Attenzione. Il panno rosso, o verde, dell' indipendenza, Bossi ha ricominciato ad agitarlo da mesi. Lo ha fatto a Pontida nel giugno scorso, e di lì in avanti in parecchie occasioni. Ma fino al fatidico 10 agosto, si era sempre trattato di un espediente retorico affinato per rispondere ai cori «secessione, secessione» che ormai ai comizi del «Capo» non mancano quasi mai. Tanto che un giorno a Podenzano, in Emilia, Bossi si era spinto più avanti: «La secessione sarebbe la medicina perfetta». Insomma: il Carroccio sta per rilanciare la Secessione? Intende fare un balzo indietro di quindici anni e proclamare un nuovo Comitato di liberazione? Niente affatto. Su questo, tutti i dirigenti leghisti sono assolutamente d' accordo: non ci pensa neppure. È vero: Bossi è tornato a rimuginare sulla sua vecchia proposta del 1999, quella di un' Italia con due monete: l' euro al Nord e la lira al Sud. Perché, come spesso ripete, «se dai una moneta forte a un' economia debole, presto invece di esportare merci esporterai lavoro: gli emigranti». Ed è anche vero che dal giorno del ritorno da Domaso, il capo lumbard ha ripreso a parlare della macroregione del Nord di migliana memoria, stimolato anche dal nuovo ideologo leghista, il professor Stefano Bruno Galli. Ma l' insistenza sulla Padania è la premessa tattica al nuovo obiettivo strategico. Che non è l' indipendenza ma «il far pagare a chi non paga mai». Lo spettro della povertà di cui Bossi ha parlato spesso nelle notti recenti lo ha convinto che «se qualcuno deve sprofondare, sprofondino gli altri». Questa è anche la spiegazione dell' irrigidimento del leader leghista sulle pensioni, considerate l' unica vera contropartita della gente del Nord rispetto alle tasse «il cui gettito per il 75% nasce in Padania». C' è un problema. Se è vero, come molti leghisti ritengono, che la secca critica di Berlusconi a Bossi proprio riguardo all' Italia e alla Padania sia pretattica in vista della trattativa sulla manovra, è altrettanto vero che il Bossi neo indipendentista torna a far balenare la sua minaccia per lo stesso motivo: dire al premier che questa volta tutti dovranno vedere che i sacrifici non riguardano più soltanto una metà dell' Italia. Insomma, l' esclusione delle pensioni non è ancora sufficiente a dare alla manovra quell' impronta che Umberto Bossi ritiene indispensabile. Quanto siano distanti le posizioni si capirà meglio oggi, nell' incontro informale - quello che i leghisti chiamano «un pic-nic» - tra gli economisti padani e quelli del Pdl. Ma se queste sono le premesse, la trattativa un pic-nic non sarà di certo.


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