martedì 2 agosto 2011

La macchina del fango, quella vera, contro l'assessore regionale lombardo Monica Rizzi

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Monica Rizzi, assessore allo sport della Regione Lombardia, è stata messa sotto inchiesta per "trattamento illecito di dati protetti". Accusata di aver fatto "dossieraggio", parola tanto di moda in questo periodo al pari della formula "fabbrica del fango", per favorire l'ascesa politica di Renzo Bossi.

Tali presunti dossier avrebbero dovuto screditare gli avversari del figlio di Bossi nella corsa ad un posto al Pirellone. Ma perché Monica Rizzi è indagata per questo? Sulla base di quali prove? Nessuna. L'inchiesta è partita in seguito ad un esposto presentato in Procura di Brescia da Marco Marsili, ex addetto stampa proprio di Monica Rizzi, rimasto in carica solo poche settimane e poi licenziato dopo la pubblicazione del suo libro "Onorevole Bunga Bunga. Berlusconi, Ruby e le notti a luci rosse ad Arcore". Un allontanamento legittimo, ma che Marsili non deve aver preso bene, se ha deciso di vendicarsi addirittura presentando un esposto in Procura assieme a Leonardo Piccini, anch'egli giornalista ex leghista auto-definitosi vittima del dossieraggio.

Il caso ha avuto subito risvolti mediatici a livello nazionale. Leonardo Piccini stesso, in coppia con Roberto Di Caro, ha scritto un articolo sull'immancabile settimanale L'Espresso accusando, oltre a Monica Rizzi, anche l'amica dell'assessore Adriana Sossi (detta "la sensitiva") e nientemeno che il sottoufficiale della Guardia di Finanza di Brescia Francesco Cerniglia. Sarebbero loro "gli esecutori materiali dei dossier illegali" per favorire Renzo Bossi.

Inutile dire che i giornali hanno cavalcato lo scandalo, blog e siti internet ancora di più. In alcuni articoli on line si parla addirittura di "dossier illegali per screditare gli avversari politici della Lega Nord": non più quindi, soltanto i concorrenti di Renzo Bossi all'interno della Lega, ma proprio tutti gli avversari del partito. Disinformazione dilagante.

Non serve essere laureati in giurisprudenza per capire che un dossier illegale, per nuocere alla persona o alle persone da screditare, debba essere perlomeno reso pubblico. Se veramente Monica Rizzi, Adriana Sossi e Francesco Cerniglia hanno elaborato dossier compromettenti e contenenti delicati aspetti della vita privata degli avversari di Renzo Bossi, nessuno se n'è accorto. In campagna elettorale non sono circolati, non se n'è proprio parlato. Bossi jr è stato eletto collezionando 13.000 preferenze e non ha avuto bisogno di questo fantomatico lavoro di spionaggio.

Si può provare ad essere concilianti e a credere che tali dossier siano stati effettivamente preparati, ma mai utilizzati. Probabilmente sono rimasti nascosti in qualche cassetto. Non se ne capisce il motivo, ma facciamo ugualmente lo sforzo di crederci. Ebbene, la polizia giudiziaria, coordinata dal pm di Brescia Fabio Salamone, ha disposto perquisizioni sia nelle abitazioni sia nell'ufficio della Regione dell'assessore Monica Rizzi. Un blitz che non ha avuto esito. Dossier? Neanche l'ombra, nulla di fatto.

Eppure l'inchiesta non è stata ancora archiviata. Persino i giornali più schierati (a sinistra) non celano imbarazzo nel titolare sui "presunti dossier", talmente presunti che proprio non si trovano. Ma guai a non far circolare la notizia che Renzo Bossi è stato aiutato in campagna elettorale tramite una sorta di spionaggio illegale. Ormai tutti ne parlano, quasi tutti sono convinti che sia vero: non hanno alcuna importanza l'iter giudiziario e le indagini, per l'opinione pubblica hanno valore solo i titoli dei quotidiani . In un certo modo, Marco Marsili ha avuto la sua vendetta. E forse si è perfino fatto pubblicità per il suo libro sul Bunga Bunga.


Di: Riccardo Ghezzi

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