mercoledì 23 marzo 2011

Yemen prossimo alla guerra civile

Il mondo arabo è in subbuglio. Dopo le rivolte in Tunisia, Egitto, Libia, ora anche nello Yemen c’è il rischio di una guerra civile, con l’esercito spaccato in due che potrebbe fronteggiarsi. Una parte è sceso in piazza con i manifestanti che vogliono la caduta del regime di Saleh, mentre l’altra rimane ancora fedele al dittatore che temporeggia sulle proprie dimissioni.

La rivolta nello Yemen era iniziata già a fine gennaio, con numerose manifestazioni da parte degli studenti, ma solo negli ultimi giorni è sfociata nella violenza, con repressioni e uccisioni che hanno fatto precipitare la situazione. Il motivo della contestazione è Ali Abdallah Saleh, al potere da 32 anni, identificato e colpevole nella dittatura. Con lui sono ancora schierati la Guardia Presidenziale, guidata dal figlio Ahmed, i corpi speciali, guidati dal nipote Tarek e una parte dell’esercito guidata da altri quattro nipoti del dittatore. “Resisto. La maggioranza del popolo è con me” ha detto Saleh, mostrandosi fiducioso e non accennando ad una resa, rinfrancato anche dal ministro della Difesa, Mohammed Nasser Ali che ha sostenuto: “l’esercito è dalla parte di Saleh e combatterà ogni tentativo di golpe contro la democrazia”. Parole che per gli esperti di politica internazionale sembrano più di circostanza, con la fine del regime di Saleh sempre più vicino, ma con la minaccia di una guerra civile, come sostenuto dallo stesso Saleh: “chiunque voglia ottenere il potere attraverso un colpo di stato dovrà prepararsi a una guerra civile, una guerra sanguinosa”.


La situazione nello Yemen è in continua evoluzione ed è quasi certo il rischio di un conflitto interno. Saleh resiste, ma è quasi solo. La sua famiglia sembra sia stata allotanata lunedì. Una fuga per motivi precauzionali, ma è soprattutto l’esercito a rappresentare un pericolo. Le forze armate a difesa del dittatore sono una parte minoritaria di tutto il corpo militare e gli è fedele solo perchè guidati da parenti dello stesso; nel caso di una insubordinazione aumenterebbe l’opposizione da parte dell’esercito che, guidato dal principale capo carismatico militare, Ali Mohsen Al Ahmar, si è unito agli oppositori ed è appoggiato anche da organi governativi, da ministri e da esponenti della diplomazia. Anche Sheikh Sader al-Ahmar, capo della principale confederazione tribale dello Yemen, si è opposto a Saleh e ha invogliato il dittatore a farsi da parte.

Ali Mohsen Al Ahmar è il fratellastro di Saleh ed è stato per anni una colonna del regime, ma ora è tempo di cambiare, soprattutto dopo che venerdì scorso l’esercito aveva sparato sulla folla, uccidendo 52 persone e ferendone più di cento, scontri ai quali sono poi succeduti altri nella domenica che hanno causato altri 20 morti. Il generale Ahmar comanda la regione nord-ovest del paese, quella dove si trova la capitale Sana’a e dove lunedì scorso sono iniziati i primi attacchi, con la parte dell’esercito fedele ancora a Saleh che ha militarizzato la città e i luoghi simbolo del potere: dal palazzo presidenziale, alla Banca Centrale, sede del Congresso generale del popolo. Altri scontrisi sono verificati nel sudest del Paese, a Mukalla, dove l’esercito di opposizione ha affrontato la Guardia Repubblicana.

Il mondo occidentale guarda con attenzione la situazione nello Yemen, anche perchè la regione è una delle roccaforti di Al Qaeda e la nuova ondata di libertà può aprire nuovi scenari politici internazionali. Soffia il vento del cambiamento nel mediterraneo islamico. C’è voglia di libertà. Una conquista dei propri diritti figlia dei giorni d’oggi e guidata, come è avvenuto nel paesi magrebini, da giovani e studenti che, attraverso i mezzi di comunicazione o viaggi nei paesi ocidentali, ha scoperto la libertà e la possibilità di essere uomini al centro delle cose.

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