venerdì 22 luglio 2011

Costi della politica, duello Fini-Calderoli sulle «indennità»

ROMA
Tra quest'anno e il 2013 la Camera ridurrà le spese di 151 milioni. Dall'ufficio di presidenza di Montecitorio arriva il via libera al piano-anti sprechi proposto dal presidente Gianfranco Fini, che spazia dal contributo sulle maxi-pensioni deputati al blocco degli stipendi, al giro di vite su viaggi e ristoranti e prevede un'ulteriore stretta di 61 milioni in aggiunga ai 90 già decisi nei mesi scorsi. Ora manca solo l'ok finale dell'Aula. A confermare che i risparmi toccheranno quota 151 milioni è, nel corso della cerimonia del Ventaglio, lo stesso Fini. Che considera indispensabili interventi sui costi della politica ma dice no a facili demagogie (c'è il rischio che si cominci a parlare di «costi della democrazia») e boccia parte del Ddl Calderoli, oggi all'esame del Consiglio dei ministri. Il presidente della Camera definisce «sbagliata» la misura messa a punto dal ministro leghista che lega le indennità di deputati e senatori alle loro effettive presenze nelle aule parlamentari perché aprirerebbe la strada «alla democrazia del censo» e a una «riedizione del cottimo». Solo la diaria, secondo Fini, può al momento essere legata alle presenze. Immediata e dura la reazione della Lega.Il primo a replicare a Fini è proprio il ministro Roberto Calderoli. «Dissento profondamente con il pensiero di Fini secondo il quale "si può stabilire che la diaria sia legata alle presenze ma non l'indennità"», afferma Calderoli. Che poi cita sarcasticamente Totò: «Ma mi faccia il piacere...». Un legame quello tra presenza e indennità che vede favorevole anche il ministro Renato Brunetta. Anche il capogruppo della Lega a Montecitorio, Marco Reguzzoni, va all'attacco chiedendo a Fini di essere più coerente: «Da un lato Fini annuncia grandi tagli al bilancio della Camera, dall'altro si comporta in maniera diametralmente opposta, avendo sottoscritto un accordo sindacale troppo oneroso». L'accordo è quello sulle retribuzioni dei dipendenti della Camera e finisce nel mirino di un'altra esponente leghista, il sottosegretario alla Salute, Francesca Martini: «Ritengo che anche la Camera debba bloccare gli aumenti degli stipendi dei dipendenti. Per questo chiedo a Fini l'immediata sospensione degli aumenti a pioggia del 3,2% concessi poche settimane fa con un accordo sindacale».Di fronte a questi attacchi arriva subito una dettagliata nota di precisazione dell'ufficio stampa della Camera in cui, tra l'altro, si afferma che l'accordo recepisce le misure del decreto sulla manovra estiva del 2010 ed è improntato ad aumentare la produttività dei dipendenti. E non mancano i contrattacchi di vari esponenti di Fli a Calderoli, accusato di «vendere fumo» e di duplicare i costi della politica con l'apertura di nuove sedi ministeriali a Monza, che sarà celebrata sabato dalla Lega.Intanto continua la partita nella maggioranza sul testo di riforma costituzionale messo a punto da Calderoli e dal leader della Lega e ministro per le Riforme, Umberto Bossi, che, oltre ai gettoni collegati alle presenze, prevede il dimezzamento dei parlamentari, la nascita del Senato federale e la riduzione dei limiti anagrafici per essere eletti. Il testo sembra non convincere del tutto il Pdl che vorrebbe integrarlo con alcune sue proposte, nel vertice. Alla fine di un vertice appositamente convocato tra lo stato maggiore del Pdl, guidato da Angelino Alfano, Calderoli si sarebbe giunti a un compromesso, che garantirebbe di evitare nuove tensioni tra Pdl e Lega dopo il "caso-Papa": via libera di principio oggi da parte del Consiglio dei ministri su un testo "aperto", ovvero suscettibile di ulteriori modifiche prima del suo approdo in Parlamento.Intanto nel dibattito sui costi della politica entrano anche le Province. Oltre a respingere le accuse che loro malgrado le hanno messe in prima linea sul tema, hanno presentato ieri una proposta di legge di iniziativa popolare per la «razionalizzazione» degli enti, in più mosse: accorpamento delle Province più piccole, istituzione delle Città metropolitane (per sostituire alcune delle Province esistenti) e la soppressione di una serie di enti intermedi, dalle agenzie regionali agli Ato, dagli enti parco ai bacini imbriferi montani.

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