martedì 20 settembre 2011

«Secessione e referendum? Qualcosa si farà»

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Il Carroccio si ritrova con le ruote quasi ferme e dà uno strappo. Da Venezia i cori del popolo leghista portano il capo Umberto Bossi a risfoderare l'obiettivo "secessione", fino a ipotizzare al microfono la strada di un referendum (subito fatta propria ieri dai titoloni dei giornali, "La Padania" in testa) con cui mirare alla Padania. 
Ma davvero il nuovo obiettivo politico reale della Lega torna ad essere la secessione dall'Italia «per via democratica», come ha detto il Senatùr? Nessuno di sicuro discute il verbo del capo, ma in casa veneta e vicentina le letture sono differenziate, anche se torna praticamente in tutti un leit-motiv che suona più o meno così. Primo: "Il Pil del Veneto e delle Regioni del Nord è alto, superiore perfino alla "regina" Germania, mentre è il resto del Paese che fa da pesante freno". Secondo. "I veneti sono stufi perché hanno capito che a Roma c'è chi sta frenando di brutto sull'applicazione del federalismo, e allora sbottano invocando la secessione".
Il trevigiano Gian Paolo Gobbo, segretario veneto e fedelissimo di Bossi, avverte: «La macro-regione Padania è sempre stata negli obiettivi dichiarati dalla Lega, poi ovviamente lo strumento fondamentale per raggiungerla è il federalismo. Poi quando ci si accorge che quattro Regioni del Nord sorreggono il 70% del Pil e poi pagano il 70% delle tasse, e che gli stessi economisti di fatto identificano bene questa area geo-politica, è evidente che l'obiettivo essenziale è arrivare a una logica di autonomia che poi vuole aiutare gli stessi popoli del Sud a dare una svolta al sistema, non certo affossarli. Per Gobbo l'obiettivo "referendum" adesso c'è: «Dobbiamo studiarlo e spiegarlo bene, ma di certo la Lega su questo farà presto passi avanti».
Anche l'europarlamentare Mara Bizzotto è sicura che «presto ci sarà questo come altri passi politici importanti. Poi il quando fare le cose e il come lo decide Bossi, ma lo spirito politico è tale che può succedere di tutto: lui ha capito che la nostra gente non ne può più di pagare per conto dell'intera Italia: già nel '96 la nostra gente, anche senza la crisi economica che c'è ora, rispose in massa a una mobilitazione tipo referendum. Secessione? Il nostro progetto politico è il federalismo, ma ci sono forze politiche che lo frenano: e non è più tempo di aspettare».
E sul fronte dei "musi duri" c'è anche l'assessore regionale Marino Finozzi: «Prendendo atto della fallimentare situazione in cui versa lo stato italiano in questo momento l'unica soluzione possibile si chiama secessione. Ritengo che lo strumento democratico del referendum popolare, come indicato da Bossi, sia il mezzo migliore e più incisivo per arrivare quanto prima alla libertà e indipendenza della Padania».
Dalla Camera l'on. Manuela Dal Lago sottolinea che Bossi ha soprattutto risposto prontamente ai cartelli e ai cori del popolo leghista che scandivano "secessione", facendo anche l'ipotesi che la via democratica possa essere quella del referendum: «Il capo ancora una volta ha dimostrato di ascoltare e sapere bene qual è il problema della nostra gente, e ha promesso che agirà: sarà lui a dettare la strategia operativa». Per l'on. Manuela Lanzarin è il federalismo che deve rispondere al grande malessere economico che è tangibile e che chiede equità fiscale, ma la riforma non è rimasta nei giusti binari, quindi c'è chi invoca strade diverse anche se «non parlerei di rischio democratico».
L'assessore regionale Roberto Ciambetti sottolinea che di fronte alla secessione invocata a gran voce dai militanti a Venezia, e probabilmente verrà chiesta con forza a Roma un'accelerazione sul federalismo fiscale, perché la sensazione è che invece là ci siano forze politiche che frenano e quindi «potrebbe irrigidirsi la posizione politica della Lega. Non si scappa, è necessario garantire più autonomia fiscale a Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia: deve restare più gettito fiscale sul territorio».
E il sindaco di Verona Luca Tosi dichiara: parlare di secessione «credo che sia stato un segnale a Roma e al potere centrale, quindi anche agli alleati di Governo sul fatto che cominciamo ad essere stufi della situazione, di continuare a pagar tasse. Penso sia un modo per dare una scossa agli alleati di governo per dire: o si fanno le riforme o ci siamo stufati».


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