sabato 3 settembre 2011

"Papalia, il magistrato anti-leghista che sbaglia e fa carriera"


“La Corte Costituzionale dichiara che non spettava all’autorità giudiziaria ed in particolare alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Verona di far eseguire, il 18 settembre 1996, la perquisizione del locale nella disponibilità del parlamentare Roberto Maroni”.
Questa è la sintesi, nonché lo stralcio finale, della sentenza della Corte Costituzionale numero 58 dell’anno 2004, che chiarisce come il pubblico ministero Guido Papalia, alla ricerca di materiale più o meno significativo e compromettente sulla “Guardia Nazionale Padana”, abbia agito in maniera incostituzionale ordinando la perquisizione dei locali di via Bellerio. La famosa perquisizione in cui leggenda narra che Roberto Maroni abbia morso un polpaccio ad un poliziotto.
La Corte Costituzionale, riconoscendo che una delle stanze da perquisire fosse adibita ad ufficio dell’onorevole Maroni, ha stabilito che l’autorità giudiziaria avrebbe dovuto agire soltanto in seguito all’autorizzazione della Camera. E’ importante ricordarlo, perché lo stesso Maroni è stato condannato in tutti e tre i gradi di giudizio, e quindi in via definitiva, per resistenza a pubblico ufficiale. Per il medesimo reato sono stati processati Bossi, assolto in Appello, Davide Caparini e Roberto Calderoli, “salvati” dalla prescrizione. Ma se è vero che la Corte di Cassazione che ha condannato Maroni ha stabilito con una certa chiarezza che l’atteggiamento dei pubblici ufficiali non fosse né provocatorio né “oggettivamente ingiusto”, stigmatizzando quindi la reazione dei parlamentari e militanti leghisti presenti, è altrettanto vero che la Corte Costituzionale ha chiarito come l’ordine del pm Papalia non sarebbe neppure dovuto partire. Illustrando, in modo esauriente, tutti gli errori procedurali del magistrato.

Il testo della sentenza esplica infatti che: 
"Con il ricorso introduttivo dell’odierno conflitto di attribuzione, la Camera dei deputati - premesso che il suo interesse a ricorrere non è venuto meno per il fatto che dagli atti e dai fatti in contestazione sono passati circa sei anni, in quanto la legge non prevede alcun termine per proporre il conflitto - afferma nel merito che le operazioni di perquisizione sono state disposte ed eseguite in riferimento ad un luogo qualificabile come domicilio di un deputato, senza la preventiva autorizzazione della Camera di cui all’art. 68, secondo comma, della Costituzione.Al riguardo sottolinea lo specifico e qualificato rapporto che intercorre tra i parlamentari e gli immobili nella disponibilità del partito di appartenenza, nel senso che gli immobili “utilizzati per le necessità” di un partito sono anche, naturaliter, un potenziale luogo di esercizio del mandato parlamentare al di fuori della sede delle Camere, e quindi esiste la ragionevole probabilità (non la mera possibilità) che uno o più locali di tali immobili (specie se destinati ad attività di livello nazionale o di primaria importanza) siano nella disponibilità di questo o quel parlamentare, costituendone così il domicilio"E ancora:
"In particolare da tali atti emerge che, entrati nella sede della Lega Nord, di per sé non tutelata da quella prerogativa, e superati gli ostacoli frapposti, gli agenti di polizia giudiziaria, per il cui tramite la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Verona procedeva ai sensi dell’art. 247, comma 3, del codice di procedura penale, hanno successivamente raggiunto prima un corridoio la cui porta di accesso recava un cartello con la scritta “Lega Nord - Segreteria politica - Ufficio dell’Onorevole Maroni”, e poi, nel corridoio, il vano che il Marchini (militante leghista, uno dei leader della Guardia Nazionale Padana da perquisire n.d.r) aveva dichiarato di usare come ufficio, sulla cui porta era apposto altro cartello con identica dicitura.Questa situazione nuova così presentatasi agli agenti di polizia - anche prescindendo da quanto risulta dagli atti processuali, secondo i quali il vano in esame, qualche giorno prima dei fatti, era stato assegnato all’on. Maroni, in via provvisoria e per la durata dei lavori di ristrutturazione dell’immobile - segnalava agli agenti stessi, ed all’autorità giudiziaria procedente per il loro tramite, che il locale da perquisire in quanto ufficio del Marchini era invece nella disponibilità di un deputato, onde poteva costituirne domicilio, non sottoponibile a perquisizione senza autorizzazione della Camera. In tale contesto, l’autorità giudiziaria avrebbe dovuto sospendere l’esecuzione della perquisizione e chiedere alla Camera la necessaria autorizzazione; in alternativa - ove avesse nutrito dubbi sull’attendibilità del contenuto dei cartelli - avrebbe potuto disporre gli accertamenti del caso, per eventualmente procedere contro chi quei cartelli aveva collocato.

L’unica scelta sicuramente preclusa all’autorità giudiziaria era di confermare verbalmente alla polizia l’ordine di eseguire la perquisizione nonostante la segnalazione, ritenendola falsa senza alcuna verifica sul punto e senza neppure trarre conseguenze da tale falsità. Così comportandosi essa ha leso le attribuzioni garantite alla Camera dei deputati dal secondo comma dell’art. 68 della Costituzione".
Maroni ha pagato per i suoi errori, nella fattispecie il reato di resistenza a pubblico ufficiale, con una condanna in via definitiva. E Papalia? Come ha pagato?Facendo carriera. Ovvero con la nomina a capo della Procura Generale di Brescia nel 2008. Un premio. Era già capo della Procura Generale di Verona, ma per continuare la sua “onorata” permanenza ai vertici della magistratura ha dovuto cambiare città, in virtù del decreto Mastella che obbligava i responsabili degli uffici giudiziari a lasciare l’incarico dopo otto anni.Niente male, per un pm che non ha fatto altro che cercare di incastrare la Lega, provandoci per più di dieci anni senza mai riuscirci, oltre ad attuare una vera e propria persecuzione nei confronti di formazioni politiche e gruppi di estrema destra: le punte di diamante del suo lavoro da pm veronese sono state le inchieste-persecuzioni su Franco Freda e sul Fronte Nazionale, l’attacco alla campagna anti-nomadi della Lega, il procedimento disposto a carico di militanti di Forza Nuova colpevoli di un'irruzione in diretta durante un dibattito televisivo in cui era presente Adel Smith.Inutile dirlo, tutti buchi nell’acqua.
Per la cronaca, il materiale "compromettente" trafugato grazie alla perquisizione in via Bellerio consisteva in: bandiere, adesivi, manifesti, volantini e camicie verdi ancora dentro il cellophane.

Qui il testo della sentenza 58 del 2004 della Corte Costituzionale che bacchetta Papalia:

http://www.giurcost.org/decisioni/2004/0058s-04.html
di Riccardo Ghezzi

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