mercoledì 7 settembre 2011

Maroni attacca: «Patto di stabilità via a fine anno»

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IL COMIZIO. A Concesio bagno di folla per il numero due della Lega
Il ministro dell'Interno sulla politica del rigore: «Aveva senso fino all'anno scorso, ora non più»


La presentazione è da stadio. «Chi non salta è un comunista». Roberto Maroni sorride e frena la standing ovation. È facile presentarlo come il castigametti della mafia. Quella è l'etichetta che probabilmente gli è più gradita. Fabio Rolfi la asseconda: «Ecco il massacratore dei mafiosi». Non basta: «Il miglior ministro che abbia avuto la Repubblica». Ancora Maroni si schermisce: fa piano con la mano. Come dire: calma ragazzi, state esagerando. 

LE VITTORIE sulla mafia le ricorda anche lui: «32 dei 35 superlatitanti catturati, otto al giorno compresi Natale e Pasqua. Vuole dire che siamo bravi ma che i mafiosi sono anche tanti». È già clima da aneddoto, il ministro non ne farà mancare. Comunque, non ci sta a fare il Clint Eastwood che fa fuori un mafioso dietro l'altro. È uno mite: «Non farei male neppure ad una mosca». Al palasport di Concesio, tra la platea di militanti e il palco di sindaci e amministratori leghisti è un altro il tema che gli preme: il patto di stabilità. Sa che i territori vanno rassicurati, forse in parte riconquistati se il trend dei sondaggi elettorali ha qualche valore. E allora promette: «Per la fine dell'anno riscriveremo il patto di stabilità, perchè non esiste che i comuni che hanno governato bene la spesa non possano spendere come chi a creato i buchi». Annuncia che non ha tempo da perdere: «la settimana prossima convocherò sindaci e presidenti delle province. Tutti al ministero dell'Economia». Già perchè sa che non si fa nulla senza Tremonti. E sa anche che il problema sarà proprio convincere lui, il superministro, l'ex amico della Lega. Ma Maroni non dispera: «Ho qualche arma per convincerlo - sussurra -. E non vuol dire che lo farò arrestare». Di patto di stabilità parla e tanto, ma non di manovra. Quella la elude nel Palasport ma anche fuori davanti a microfoni e taccuini. Lì alle domande sull'incontro di ieri Bossi-Tremonti o sul tiraemolla sulle misure finaziarie, la risposta è sempre uguale: «Me ne faccia un'altra di domanda». Non concede nulla, neppure un «penso solo ai prossimi sei mesi» riferito ad eventuali addii a Berlusconi, detto a Cernobbio e che ha dato la stura a qualche dietrologia. Ieri a Concesio non ha rischiato nulla. Meglio il sicuro «no comment». Se proprio si deve parlare di economia, c'è il patto di stabilità che fa piangere i sindaci del Nord. «Una grande classe politica, fatta di una pasta diversa da quelli che mi chiamano tutti i giorni per ragioni di poltrone e promozioni. Mica come i sindaci leghisti, concreti, che chiedono sicurezza e non hanno a che fare con le cose vergognose che si leggono sui giornali». Gente retta, un po' come Martinazzoli deve aver pensato Maroni. «Ho conosiuto Martinazzoli - risponde ad una giornalisita - un punto di riferimento per molti e un insegnamento morale ancor più necessario oggi che la politica registra continuamente episodi di degrado etico». La convivenza con gli alleati non è tutta rose e fiori, si capisce: «Rimanere al governo accettando tutto quello che abbiamo accettato in questi anni non è stato facile», ammette. L'assessore provinciale Bontempi la spiega così: «Pensate che fine avrebbe fatto la lotta alla criminalità organizzata se al posto di Maroni ci fosse stato per esempio Pisanu». E qualche sindaco tira fuori la ricetta infallibile, il sogno panpadano: «Pensate se la Lega Nord avesse il 51 per cento dei consensi...». 
MA MARONI ha mandato giù anche dall'opposizione. «Mi hanno accusato di omicidio plurimo per la politica contro l'immigrazione. Io che non farei male ad una mosca. In molti dibattiti ho dovuto mangiarmi la lingua per non rispontere male, ma ho fatto bene a mantenere la calma. L'importante sono i risultati». Deluso anche dall'Europa, «quella che quando sono andato a chiedere aiuto per gli sbarchi dei profughi mi hanno risposto di arrangiarmi». Non è questa l'Europa che sognava Maroni. «Già perchè non sono contro all'Europa, come non lo è la Lega». Un luogo comune, da cui vuole sgombrare il campo. La Lega per lui è perfino protoeuropea: «Ma la nostra Europa è quella delle genti e delle regioni - chiarisce -, non quella dei burocrati e dei banchieri». Quella cioè che dice «arrangiatevi» quando si tratta di immigrazione, e dice di «non spendere un euro anche se i comuni del Nord hanno 40miliardi di residui di cassa». E la politica di rigore dell'ex amico Tremonti che fine deve fare? «Il patto di stabilità aveva senso fino all'anno scorso, ora non più. Non è da buttare, solo da modificare». Maroni l'ha promesso: lo farà «entro la fine dell'anno».


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