venerdì 31 agosto 2012

Ecco perché non tasseranno la Coca Cola


La Coca-Cola e il legame con Monti

Nessuno aveva dubbi. La Coca-Cola non sta certo lesinando sforzi per contrastare la tassa sulle bibite gassate proposta dal ministro della salute Renato Balduzzi. Un partita delicata, che minaccia di chiamare direttamente in causa Mario Monti, e non soltanto nella veste di presidente del consiglio. Sì, perché proprio mentre il decreto Balduzzi rischia di essere affossato per le obiezioni tecniche del ministero dell'economia, e per le pressioni esercitate da questa o quella lobby, viene alla mente quel legame che fino a poco tempo fa esisteva tra Monti e la Coca-Cola.


Si dà infatti il caso che il presidente del consiglio sia stato per diversi anni consulente del colosso americano, meritandosi una poltrona all'interno dell'advisory board. Un incarico che Monti dovrebbe aver tenuto fino a poco tempo prima di diventare presidente del consiglio, almeno a stare a quello che è scritto nei curricula del professore. In quello rinvenibile sul sito della Bocconi, per esempio, si può ancora oggi leggere del rapporto tra Monti e la Coca-Cola. E lo stesso nel curriculum scaricabile dal sito della Commissione europea. Insomma, da entrambi i documenti sembra potersi evincere che la consulenza fosse ancora in atto poco prima dell'esperienza governativa dell'accademico bocconiano.

È chiaro, rebus sic stantibus, come gli attriti sviluppatisi in questi giorni intorno al decreto Balduzzi possano mettere in imbarazzo il presidente del consiglio, ex collaboratore della multinazionale americana. Per carità, il decreto in queste ore traballa per contestazioni che provengono da diverse categorie. Ma è evidente che la pressione che stanno esercitando la Coca-Cola e la varie associazioni come Federalimentare, Mineracqua e Assobibe (il presidente di quest'ultima, Aurelio Ceresoli, è un manager di Coca-Cola Hbc Italia) è in grado di essere molto più incisiva di altre. E di segnare il destino di quel balzello da 7,16 euro, ogni cento litri di prodotto immessi nel mercato, proposto da Balduzzi nel suo decreto. Se poi ci si mette anche questo rapporto pregresso di collaborazione tra Monti e Coca-Cola, qualcuno potrebbe credere che le speranze per il provvedimento del ministro della salute siano davvero scarse.
Che poi, a dirla tutta, il legame che si è creato tra il premier italiano e la multinazionale delle bollicine nasce da una «battaglia» particolarmente aspra. Nel 1999, quando era commissario europea alla concorrenza, Monti addirittura perseguì la Coca-Cola per una questione di abuso di posizione dominante. A finire nel mirino dell'allora commissario Ue furono alcuni rimborsi promozionali concessi ai rivenditori che facevano scorta di prodotti Coca-Cola e alcuni contratti di esclusiva che impegnavano i rivenditori a comprare solo dal colosso di Atlanta. Il braccio di ferro si protrasse per ben cinque anni. Fino a quando nel 2004 Monti riuscì a strappare un accordo in base al quale la società americana si impegnava a rinunciare alle intese in esclusiva con i rivenditori. Dopidiché la storia si è sviluppata secondo il canovaccio dei nemici che prima se le sono date di santa ragione, e poi diventano grandi amici. 


Già, perché tempo un paio d'anni (come ricordato da ItaliaOggi del 12 novembre 2011), la Coca-Cola ha deciso di sfruttare le competenze e i «saperi» dell'ex commissario fustigatore. E così il gruppo americano ha coinvolto Monti nel suo advisory board. In pratica si tratta di un'attività di consulenza che sembra essere proseguita, a stare a quanto dicono i curricula, fino a tempi recentissimi. Chissà Balduzzi cosa ne pensa. O meglio, chissà cosa ne penserà se il suo decreto dovesse essere definitivamente demolito.

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