martedì 21 febbraio 2012

Il paese che vieta il kebab


Continuano i divieti al più noto dei piatti tipici arabi in Italia, il kebab. I negozi etnici sono stati banditi dal centro storico di Spirano, in provincia di Bergamo.
NO AI NEGOZI ETNICI - Il divieto fa parte di un piano del sindaco, a capo di una maggioranza leghista, per tutelare le attività tradizionali. Le minoranza insorgono: “E’ razzismo”, ripetono. L’amministrazione ha imposto lo stop anche ai luoghi di culto non cattolici. Lo racconta L’Eco in un articolo a firma di Elena Tiraboschi:
No a kebab e negozi etnici nel centro storico di Spirano. Questo il diktat inserito nel Piano di governo del territorio. Un divieto che si è concretizzato in una seduta consiliare fiume (due serate) durante la quale è stata approvata in via definitiva la corposa variante al Pgt. La proposta è stata presentata con un emendamento della maggioranza leghista guidata da Giovanni Malanchini: «Per preservare i caratteri storici e di tradizione del vecchio nucleo del nostro paese – recita – si chiede di inserire nel comma “a” dell’articolo 27 del piano delle regole, fra le destinazioni d’uso non compatibili, la frase “apertura di negozi etnici nell’abitato del centro storico”, come previsto dall’articolo numero 150 del Testo unico del commercio approvato dalla Regione Lombardia nel 2010». In sostanza si mettono al bando i negozi etnici di qualunque tipo: niente phone center, transfer money, kebab, ristoranti e via dicendo. «Una norma non legata all’etnia del titolare – specifica il sindaco – bensì alle categorie merceologiche e soprattutto all’alimentare. Vogliamo tutelare le attività tipiche e tradizionali del centro anche nell’ottica della riqualificazione che sta subendo, pensiamo al rifacimento di alcune vie principali e al divieto inserito, sempre nel Pgt, di installare parabole e impianti di condizionamento in facciata, con l’obbligo di rimuovere quelli esistenti».
 LE MINORANZE PROTESTANO: “RAZZISMO” – Le minoranze bollano il provvedimento degli uomini del Carroccio come negazione della libertà di espressione. Continua ancora L’Eco di Bergamo:
Ma la decisione della Giunta leghista coglie impreparate le minoranze presenti alla seduta, che nulla sapevano dell’intenzione del Carroccio, motivo per cui il dibattito sull’argomento è stato breve. Questo non toglie che alcuni consiglieri dell’opposizione abbiano da ridire. «È inaudito negare la libertà di espressione a una cultura diversa dalla nostra, quando potrebbe invece arricchirci», ha detto durante la seduta l’ex sindaco Gabriella Previtali (Lista civica Spirano), aggiungendo, in separata sede, che «si tratta di puro razzismo». Da parte sua il voto contrario all’emendamento, così come per «Spirano democratica » di Giuseppe Zanotti, ormai sempre più a braccetto con la lista Previtali. «Ritengo sia un emendamento assurdo e illogico, che non favorisce l’integrazione – ha sottolineato Romeo Dossena del Pd –. Secondo questa modifica, a questo punto, non si potrebbe nemmeno aprire, per esempio, una bottega tipica siciliana. Si tratta di un atto coercitivo, che non qualifica questa amministrazione e che potrebbe avere anche ripercussioni negative. Ci chiediamo inoltre se non possa essere considerata anticostituzionale: ci documenteremo a riguardo». Astensione invece per Carmen Gatti di «ViviAmo Spirano» mentre il Pdl di Emilio Nozza Bielli era assente alla seduta per incompatibilità dei consiglieri con alcune aree trattate nel Pgt. «È indifferente che ci siano oppure no negozi etnici nel centro storico – ha specificato il consigliere Gatti –, l’importante è che rispettino le norme».
NIENTE MOSCHEE - Il Pgt ha detto no anche ai luogi di culto non cattolici. Racconta Tiraboschi:
Ma oltre alle limitazioni per gli esercizi commerciali non tradizionali nel centro storico, all’interno del piano, precisa il primo cittadino, viene confermata l’impossibilità di realizzare sul territorio edifici di culto diversi da quelli cattolici. Infatti viene individuata come unica area per edifici di culto quella ora occupata dalla chiesa parrocchiale. Per gioco forza non sarà dunque possibile costruire qualcosa di diverso, «a meno che non si abbatta la chiesa», specifica il sindaco. Questa è una questione che era già emersa nel febbraio 2009, quando la Lega era in minoranza e la Previtali guidava la maggioranza. All’epoca, all’approvazione del Piano di governo del territorio, la Lega chiedeva di stralciare il punto in cui si rendeva possibile sul territorio la rea-lizzazione di edifici di culto diversi da quelli cattolici. «Abbiamo accolto la proposta – spiegava Vittorino Pata, all’epoca assessore all’Urbanistica – perché effettivamente si tratta di una questione che si riprenderà solo sulla base degli sviluppi futuri del paese. Ora non è essenziale ». «Di fatto – dice Malanchini – si conferma quanto già previsto dal Pgt dell’amministrazione Previtali. Non si deve interpretare questo come una limitazione alla libertà di culto, ma come la volontà di prevenire quei problemi legati alla sicurezza che spesso derivano da edifici di culto non tradizionali».
http://www.giornalettismo.com/archives/203677/il-paese-che-vieta-il-kebab/


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