giovedì 20 settembre 2012

Tutti i soldi che l’Italia ha dato alla Fiat negli ultimi 30 anni.


sergio marchionne
L’attenzione mediatica di questi giorni è tutta concentrata sul caso Fiat dopo che lo scorso 13 settembre il più importante gruppo finanziario e industriale privato italiano ha annunciato che il piano “Fabbrica Italia” deve essere abbandonato. L’amministratore delegato del colosso industriale torinese, Sergio Marchionne, punta molto sulla delocalizzazione all’estero (Serbia, Polonia, ecc.) infischiandosene della marea di denaro pubblico (e cioè soldi di noi cittadini) incassati dal Lingotto nel corso della sua storia senza tener conto che una parte del successo dell’azienda appartiene anche agli operai. Il Gruppo Fiat ha una lunga storia alle spalle fatta di tanti successi con alcuni modelli automobilistici che hanno sbancato in tutto il mondo, ma anche di numerosissimiaiuti di Stato. L’azienda è nata l’11 luglio 1899 a Torino come casa produttrice di automobili su idea e iniziativa di una decina di notabili, aristocratici e professionisti torinesi per poi approdare alla famiglia Agnelli.
La lunga storia della Fiat si è intrecciata spesso e volentieri con le pressanti richieste e ultimatum dei vertici del colosso industriale torinese alla classe politica italiana, rientrando a pieno titolo nella lista delle aziende più sussidiate del nostro Paese. Ma quanti miliardi di aiuti ha ricevuto la Fiat solamente negli ultimi 30 anni? Una montagna di soldi!
La Cgia di Mestre ha condotto uno studio sui finanziamenti pubblici ricevuti dalla Fiat nel periodo che va dal 1977 al 2009. In tutti questi anni l’azienda torinese ha intascato 7,6 miliardi di euro! Il periodo d’oro risale agli anni Ottanta. In un periodo storico di profonda ristrutturazione di tutto il settore automobilistico mondiale, il Lingotto ha incassato dal nostro Stato una cifra pari a 5,1 mld di euro. Gli anni Novanta sono stati quelli degli investimenti e delle ristrutturazioni: 1,279 miliardi di euro per la costruzione degli impianti di Melfi e Pratola Serra e 272,7 milioni di euro per la ristrutturazione degli impianti di Melfi e Foggia nel periodo compreso tra il 1997 e il 2003.
Lo Stato italiano si è fatto carico degli incentivi alla rottamazione sborsando ben 465 milioni di euro. Ha inoltre sganciato 1,15 mld di euro per l’erogazione degli ammortizzatori sociali nel periodo tra il 1991 e il 2002, anche se come ha sottolineato il segretario degli artigiani e dei piccoli imprenditori della Cgia di Mestre Giuseppe Bortolussi in questo caso la spesa è stata sostenuta anche dalla Fiat e dai suoi lavoratori. Per oltre 70 anni il colosso industriale della famiglia Agnelli è stato l’unico fornitore di automezzi alla Pubblica Amministrazione: dalle Forze Armate fino all’ultimo comune del nostro Paese.
Ma gli aiuti pubblici al Lingotto sono stati concessi anche in questi ultimi anni visto che diversi progetti di ricerca e sviluppo dell’azienda torinese sono stati finanziati dal Piano Operativo Nazionale (Pon) “Ricerca e competitività” mediante fondi in parte europei, in parte nazionali. Non bisogna dimenticare che nel maggio 2011 il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (Cipe) ha approvato tre contratti di programma a favore di tre società della galassia Fiat per una cifra che supera i 50 milioni di euro: 22,5 milioni alla Fiat Powertrain di Verrone (Biella), 18,7 all’Iveco di Foggia e 11,2 milioni alla Sevel di Chieti.
Ora la Fiat vuole chiudere i battenti in Italia perché non è più conveniente investire nel nostro Paese, come ha più volte dichiarato l’amministratore delegato Sergio Marchionne, dimenticantosi però della valanga di miliardi di euro di aiuti pubblici che il nostro Stato ha dovuto sborsare anche quando l’azienda torinese non era in crisi e fregandosene del piano “Fabbrica Italia” e degli impegni presi con il nostro Paese, ma soprattutto con tutti quei lavoratori che hanno dato anima e corpo per il Lingotto. Proprio nella puntata di ieri dell’Infedele, l’imprenditore Diego Della Valle ha attaccato i vertici Fiat per questa scelta irresponsabile e ha invitato Marchionne a ridiscutere di un nuovo piano con il Governo Monti in quanto il colosso industriale torinese ha degli obblighi nei confronti del Paese e il dovere verso i lavoratori di fare tutto il possibile per la gente che lavora nelle loro aziende.

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