lunedì 17 ottobre 2011

Via libera al nuovo Statuto Zaia: «Ha vinto la politica»


Stop all’ostruzionismo. Risolto il problema consiglieri: uno ogni 100 mila abitanti. Riconosciuta la specificità di Belluno, unica provincia interamente montana. Martedì il voto finale

L'aula del consiglio regionale (Archivio)
L'aula del consiglio regionale (Archivio)
VENEZIA — Ci sono volute dieci sedute di consiglio, dopo un anno di lavoro in commissione, una guerra di trincea combattuta sul filo del cavillo, all’ultimo emendamento (erano più di 1.200, 270 soltanto sul primo articolo), un tirare di nervi fino all’alba ma alla fine, segnatevi questa data, il 15 ottobre del 2011, e magari pure le ore e i minuti: 13.13 e 18.57. I primi sono quelli in cui il consiglio regionale ha votato l’articolo 1 del nuovo statuto del Veneto, dopo aver trovato la quadra sul fatidico numero dei consiglieri, i secondi sono quelli in cui è stato approvato l’ultimo articolo, tra applausi scroscianti si spera non troppo azzardati, visto che l’iter consiliare prevede una discussione finale martedì ed una seconda lettura tra due mesi. Tant’è, il risultato è epocale, atteso da almeno dieci anni, dunque si deve essere ottimisti.
La notte passata a Palazzo Ferro Fini tra venerdì e sabato in compagnia di un centinaio di dipendenti rassegnati, con pausa sonno sui divanetti, cotolette innaffiate di cabernet, estenuanti partite a «solitario» e pubbliche letture del Capitale di Marx, eccome se ha portato consiglio. Anche perché si rischiava di dover passare in aula pure la giornata di domenica. Pietrangelo Pettenò, alfiere della Sinistra e protagonista assoluto con il venetista Mariangelo Foggiato della guerriglia emendativa, dopo 26 ore consecutive passate al microfono ha ringraziato con gli occhi pesti ed un’ombra di barba la maggioranza «per avermi portato i due Fiesta Snack che ancora mi tengono in piedi» ed implorato il presidente del consiglio, Valdo Ruffato, di togliergli finalmente la parola con un atto d’imperio, dopo che questi lo aveva richiamato a «restare sul tema dell’emendamento», l’ennesimo. Tutti i consiglieri hanno salutato come salvifico l’intervento di buon mattino del professor Luigi Benvenuti, accorso al Ferro Fini per un consulto giuridico dell’ultim’ora sull’ipotesi avanzata dal capogruppo della Lega, Federico Caner, ossia quella di inserire accanto al parametro «mobile» di un consigliere ogni 100 mila abitanti, il limite «fisso» di 60 membri.
In realtà, l’impressione è che si fosse alla disperata ricerca di un’exit strategy onorevole per tutti, Pettenò e Foggiato compresi, ormai consci d’essere finiti in un pericoloso cul-de-sac, inutile sotto il profilo elettorale ed assolutamente dannoso per l’attività della Regione, che ha in coda l’assestamento di bilancio. Non si capisce altrimenti perché si sia dovuto attendere fino ad ora per arrivare ad un risultato che, sotto il profilo sostanziale, appare identico a quello di partenza: 49 consiglieri, più il presidente eletto, più il primo degli sconfitti. Almeno se ci si rifà al censimento del 2001, l’unico a far fede fino alla conclusione di quello avviato in questi giorni. Il limite dei 60, dicono Pettenò, Foggiato e pure l’Udc che inizialmente si era unita alla battaglia, «in realtà salva la democrazia in Veneto perché permette in futuro di superare il limite dei 50 imposto da Roma, rappresentando degnamente in consiglio tutte le forze politiche della regione». Vero, se non fosse che il censimento in itinere pare andare nella direzione esattamente opposta: la popolazione del Veneto non cresce, diminuisce, dunque alle elezioni del 2015 i consiglieri al Ferro Fini rischiano d’essere addirittura meno dei 49 previsti. La democrazia, c’è da credere, non avrà di che lamentarsi, ma nel frattempo «hanno vinto tutti» e allora bene così.
Superato l’ostacolo del numero dei consiglieri, grazie anche all’approdo in laguna del governatore Luca Zaia, venuto a dare la benedizione mentre i suoi tremavano all’idea che sparigliasse di nuovo, la votazione sul resto del testo è andata via liscia come l’olio, lasciando intatto il testo uscito dalla commissione, con la sua autonomia e la sua Venezia capitale, l’autogoverno del popolo veneto e l’ispirazione alla civiltà cristiana, il prima i veneti (attenuato) e la specificità di Belluno - si tradurrà in forme e condizioni particolari di autonomi amministrativa-, la libertà d’iniziativa economica e i diritti e i doveri del contribuente e i livelli minimi essenziali di efficienza amministrativa. Zaia plaude a tutti («Anche a Pettenò») e si dice convinto che «al di là delle prove di tonicità muscolare, oggi ha vinto la politica: dopo 40 anni il Veneto ha un nuovo statuto». Dario Bond, capogruppo Pdl, punta sul riconoscimento della libera iniziativa economica, «un principio che va a porre le basi di una nuova stagione di interventi a favore del nostro tessuto economico» mentre per Carlo Alberto Tesserin, presidente della commissione Statuto «si tratta di uno Statuto all'avanguardia, rispettoso della richiesta che viene dai cittadini per abbassare i costi della politica e orientato ad esaltare il vero rapporto elettori ed eletti». Il suo vice in quota Pd, Sergio Reolon, ricorda che «lo statuto è il frutto dello sforzo fatto in primo luogo da quella parte di opposizione che si è assunta responsabilità di governo» come il gruppo Idv che ribadisce: «Il nostro ruolo durante questa parte decisiva del dibattito è stato positivo e propositivo».


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