mercoledì 19 ottobre 2011

Nuovo statuto per il Veneto «Si completa il Risorgimento»


Atteso da 10 anni, votato all’unanimità. L’impegno: abolire i vitalizi dei consiglieri e limite di due mandati

L'applauso dell'assemblea dopo l'approvazione dello Statuto (archivio)
L'applauso dell'assemblea dopo l'approvazione dello Statuto (archivio)
VENEZIA—Il Veneto ha il suo nuovo Statuto. Atteso da dieci anni, da quando cioè l’allora governatore Giancarlo Galan depositò la prima proposta di revisione della Carta datata 1971, poi naufragato malamente due volte (la seconda senza neppure approdare in aula), è stato approvato ieri all’unanimità dal consiglio regionale. «Con questo voto il Veneto chiude il suo Risorgimento» ha commentato il presidente Luca Zaia, citando Luigi Einaudi come già fece al Bo, in occasione della celebrazione dei 150 anni dell’Unità («Solo quando tutti avranno avuto la loro autonomia - disse il padre della Repubblica - solo allora avremo davvero un Risorgimento unitario»). Al di là delle parole, solenni e forse ridondanti, a volte sono piccoli episodi sfuggenti a rivelare l’importanza del momento. L’assessore Renato Chisso, ad esempio, che corre da un usciere per farsi prestare la cravatta, dimenticata in ufficio. Pietrangelo Pettenò, fustigatore dell’aula con emendamenti a nove code, che immortala col cellulare l’immagine elettronica dell’emiciclo a pallini verdi, che sta a significare: «Sì, all’unanimità».
La commozione, vera, del presidente della commissione Statuto Carlo Alberto Tesserin, il decano dell’aula, che chiude (o forse ancora no, chissà) con la medaglia più ambita al petto una lunga carriera politica che lo vede protagonista a Palazzo Ferro Fini dal 1990. E poi la standing ovation al termine del dibattito, le strette di mano tra maggioranza e opposizione dopo il voto, i brindisi a bagnare uno Statuto che suo malgrado, perché costretto dal regolamento del consiglio, è l’icona della Politica: nasce dall’incontro obbligato a metà strada e dunque è il figlio legittimo di tutti i partiti che siedono in laguna, dai comunisti ai leghisti. E tutti i partiti, al di là di qualche comprensibile delusione, possono dire di ritrovarvi un po’ di loro stessi. «Licenziamo questo Statuto all’unanimità - ha sottolineato Tesserin - un fatto che non si era visto qui nel 1971 e mai finora in alcuna altra Regione italiana. Quel che non è riuscito negli anni della speranza, riesce oggi, in un momento mai così difficile per l’economia e per la politica, con i partiti divisi e dilaniati al loro interno. Credo che questa assemblea sia un esempio per la nostra gente e che lo statuto che stiamo votando debba renderla orgogliosa. Viva il Veneto, viva l’Italia!».
Per Luca Zaia (martedì era il suo onomastico, altra coincidenza) «ha vinto la politica, ha vinto il senso di responsabilità». Tira un sospiro di sollievo, il governatore («Non nascondo che in alcune fasi mi sono molto preoccupato»), rivendica per sé il ruolo scomodo di chi punta alla luna per colpire l’aquila («Dovevo riequilibrare la posizione gandhiana di Tesserin») e già rilancia sul fronte del regolamento d’aula e della nuova legge elettorale, «perché il nuovo Statuto dà vita ad una grande stagione riformatrice». Zaia rende onore ai consiglieri («Eravamo ad un bivio, insieme abbiamo scritto una pagina di storia») ma è indubbio che quella di ieri sia, almeno sotto il profilo mediatico, soprattutto una «sua» vittoria, la prima e più importante dall’inizio di un mandato iniziato tra aspettative superomistiche e piuttosto ingolfato negli ultimi tempi. Ma tutti i partiti, giustamente, vogliono addentare un pezzetto del pan della gloria. La Lega Nord, prima forza della maggioranza, con Federico Caner: «Non abbiamo piantato un bosco di pioppi, ma di noci. Abbiamo deciso di investire nella nostra regione e penso che questo consiglio sia pronto a volare alto: non è stato facile mettere mano ad uno Statuto all’avanguardia come quello del 1971, ma l’abbiamo fatto con il giusto approccio federalista ».
Il Pdl, che con Dario Bond ha fatto mea culpa «sugli anni passati, quando lo Statuto non lo voleva Galan e non lo voleva il consiglio, e con un presidente Piccolo che era piccolo davvero, per due volte è stato fatto annegare nel pantano della politica» e quindi, da bellunese, ha puntato sulla specificità data alla montagna, «che non è una questione di schei ma di dignità, quella che si deve ai bellunesi come a tutti gli altri veneti». Il Pd, che rivendica il suo ruolo di «opposizione responsabile» con Laura Puppato: «Diamo un voto convintamente positivo, il Veneto da noi si aspetta un segnale. Siamo orgogliosi di aver partecipato in modo non formale alla scrittura della Carta, ringrazio i miei consiglieri per essersi spogliati d’ogni interesse politico e comunicativo per puntare dritti all’obiettivo». L’Idv, che pure ha giocato il ruolo di una minoranza che non t’aspetti, con Gustavo Franchetto: «Forse il dibattito sul numero dei consiglieri ha finito per svilire il lavoro fatto sugli altri articoli, ma questo resta un giorno bellissimo in cui la politica è tornata ad essere un esempio, con senso del dovere».
Più tiepidi, invece, i commenti di Stefano Valdegamberi dell’Udc («lo Statuto si sarebbe potuto approvare più velocemente se non ci fossero stati i tentativi di Zaia di speculare con proposte demagogiche») di Diego Bottacin di Verso Nord («E’ stata un’occasione persa, è mancato il coraggio innovatore e riformista ed è prevalsa la paura e la volontà conservativa»), di Mariangelo Foggiato di Unione Nord Est («La mia battaglia ostruzionistica era semplicemente la ribellione alla pretesa dello Stato di affibbiare patenti di virtuosità al Veneto se non avesse obbedito all'imperativo del governo circa il numero dei seggi») e di Pietrangelo Pettenò della Sinistra veneta: «La Sinistra è tra quanti hanno vinto, sono fiero di questo risultato. Si poteva fare di più? Forse. Resta il fatto che i comunisti volevano il nuovo Statuto del Veneto e non sono riusciti a lasciarci fuori». La lunga marcia della nuova Carta della Regione si chiuderà tra due mesi, con la seconda lettura ed il nuovo voto, che per come si sono messe le cose appare poco più di una formalità. I nuovi traguardi che si profilano all’orizzonte del consiglio sono allora il regolamento d’aula e la legge elettorale. E pure l’eliminazione dei vitalizi ed il limite di due mandati consecutivi per il presidente, gli assessori e i consiglieri: l’aula si è impegnata a parlarne al più presto, votando ieri due ordini del giorno in apertura di seduta.

Nessun commento:

Posta un commento