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sabato 5 marzo 2011

Il ministro Maroni incorona Fava Ecco la Lega di governo

Maroni e 300 invitati a Palazzo della Ragione per la festa del federalismo, servita a lanciare la candidatura di Fava a presidente della Provincia. Aria nuova: meno folklore, è una Lega che gestisce il potere.

di Gabriele De Stefani
MANTOVA. La Lega di lotta e di governo. Sì, ma a Palazzo della Ragione c'è sopratutto un partito ormai abituato a comandare. I segni della metamorfosi spuntano a ogni angolo. Nei toni e nei concetti dei condottieri, nella location e anche nelle attenzioni di chi leghista non è. Organizzazioni di categoria, sindacalisti, istituzioni: tutti a stringere la mano ai seguaci di Alberto da Giussano. Interlocutori di palazzo.

Certo, qua e là saltano fuori i richiami alla Padania, all'ancestrale e mantovano parlamento del nord, «all'allergia che m'è venuta perché sto troppo a Roma» (Maroni), al «successo di aver ottenuto festa e bandiera della Lombardia» (Bottari). Ma l'impressione è che siano boutade per dare qualche riscaldatina all'animo del militante, mentre tutta Italia festeggia il 150º anniversario dell'Unità.

Lo spiega Davide Boni, unico presidente lumbàrd della Provincia. Era l'anno di grazia leghista 1993: «Appartenere al movimento era difficile, eravamo spernacchiati ma adesso siamo tantissimi. Gli anni della secessione sono lontani e ora c'era bisogno di tornare su questo tipo di temi. Bossi conosce il suo popolo: l'esigenza ora è questa».

Sul palco i proclami da Lega di lotta arrivano da Boni e Bottari, la Lega di governo è nelle parole di Maroni (intervento con poche licenze dall'aura ministeriale) e anche di Fava. Davanti a loro circa 300 tra militanti, amministratori locali, alleati del Pdl e benediniani, rappresentanti di ogni categoria economica, sindacalisti e i vertici delle partecipate controllate dalla Lega.

Non sono tutti lumbàrd, ma nessuno fa lo schizzinoso davanti a un invito con timbro padano. Il sindaco Nicola Sodano, la cui giacchetta nelle ultime settimane è stata vigorosamente strattonata dalla Lega, blandisce: «Quando il centrodestra litiga, l'elettore non capisce». In altre parole: lasciatemi tranquillo, per favore. C'è anche Benedetta Graziano dell'Italia dei valori, unica del centrosinistra a Palazzo della Ragione: «Speriamo sia una festa per il federalismo e non per la secessione» scherza. Indossa un abito verde, ma bandisce allusioni trasformistiche.

Già, l'abbigliamento. Che vinca il verde è ovvio, dai fazzoletti al taschino e sulle borsette delle signore fino alle cravatte. Le performance audaci si sono ridimensionate, anche se resiste qualche temerario stivale leopardato sotto a giacca e cravatta. Non saremo alla settimana milanese della moda, ma la Lega ha imparato a fare la brava: negli appuntamenti di gala poche licenze.

La canottiera bossiana resta nel mito, nella cronaca di tutti i giorni serve altro. E niente lungaggini convegnistiche sul federalismo: non più di cinque minuti a testa di intervento, pubblico in piedi e pedalare. Nessuno o quasi nomina l'Italia, tutti citano il neologismo bossiano Padania (pidiellini Sodano e Maccari a parte).

C'è il federalismo ma c'è anche l'incoronazione di Fava. In sala circa 300 persone: Gianni, quanti aspiranti assessori vedi in giro? «Non lo so, ma sicuramente troppi» scherza a microfoni spenti. Non può dire che toccherà a lui, perché il partito deciderà ufficialmente lunedì «e la Lega è un movimento leninista: a quel che decide il vertice, si obbedisce e basta» spiega Boni.

Fava conferma dal palco: «Le mie ambizioni personali mi porterebbero altrove ma se il movimento chiama, accetto senza indugi». Ovazione dal pubblico: «Pre-si-den-te, pre-si-den-te». Lui sorride, l'animo del polemista incallito deve arrendersi. Sembra già un Fava di governo. Metamorfosi completa. Carroccio pronto per un altro palazzo. «Non siamo più il semplice alleato fedele» urla Boni.

da La Gazzetta di Mantova del 05.03.2011

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