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venerdì 1 aprile 2011

Il prete al funerale respinge la bara «Togliete la bandiera veneta»

Leghista di Mestre l’aveva voluta per il suo funerale. Amarezza tra amici e famigliari: «Era una delle sue volontà, il leone di San Marco non è simbolo di partito»

VENEZIA — L’aveva confidato agli amici di una vita: «Quando muoio, seppellitemi avvolto nella bandiera di San Marco». Luigi Sartorelli, d’altra parte, con quel leone nel cuore aveva vissuto un’avventura lunga vent’anni, tirando su decine e decine di ragazzi cresciuti leghisti a Mestre e dintorni. E proprio loro, quando la bara di «Gigi» è stata sollevata giovedì sul sagrato della chiesa di Santa Maria di Lourdes in via Piave, a Mestre, hanno voluto rendergli l’ultimo omaggio, tener fede all’ultima promessa, spiegando una bandiera della Serenissima e stendendola sopra il feretro. Che però così ornato ha fatto solo pochi passi.

Don Renato Mazzuia, il parroco chiamato a celebrare le esequie, ha infatti fermato il corteo funebre: «Con quella bandiera lì sopra, non lo benedico neppure» avrebbe detto ai famigliari. Ne sarebbe nato un diverbio, secondo quanto riferiscono gli uomini del Carroccio, che alla fine hanno ceduto: la bandiera del Veneto è stata tolta e solo allora la bara è stata lasciata entrare in chiesa, dove il funerale si è poi svolto normalmente. «Un episodio che ci ha amareggiato moltissimo - racconta Alessandro Vianello, segretario cittadino della Lega - ci è sembrata una forzatura senza senso, in un momento triste, in cui si cerca soltanto di salutare degnamente chi ci ha lasciato, dando pace alle sue ultime volontà e stando vicini alla sua famiglia». E Gigi Sartorelli non aveva chiesto poi molto: d’essere benedetto in chiesa e d’essere accompagnato nell’addio dai simboli della terra che aveva amato e del partito in cui aveva creduto. Per lui, che aveva fondato la sezione mestrina della Lega all’inizio degli anni Novanta, che era stato segretario cittadino fino a quattro anni fa ed aveva guidato la circoscrizione del partito sulla terraferma fino al tragico arresto cardiaco che l’ha stroncato a 67 anni, il movimento aveva portato in via Piave un cuscino di rose a comporre il Sole delle Alpi e, appunto, il vessillo del Veneto.

«Abbiamo evitato di portare con noi le bandiere del partito - spiega Vianello - che pure gli avrebbero fatto piacere, proprio perché abbiamo pensato che potessero essere strumentalizzate e potesse nascerne qualche polemica spiacevole». Per scatenare un putiferio è bastata quella della regione. Pare che all’origine della decisione di don Mazzuia di non lasciare che la bara entrasse coperta dalla bandiera via sia una precisa disposizione del Vaticano, che vieta di esporre all’interno delle chiese simboli di partito. «Il punto è che il leone di San Marco non è il simbolo della Lega Nord ma quello del Veneto - continua Vianello - dunque non si capisce dove sia il problema». A ben vedere il 19 agosto scorso, l’arcivescovo di Sassari monsignor Paolo Mario Virgilio Atzei ed il vescovo di Nuoro monsignor Pietro Meloni accolsero senza alcun problema il feretro dell’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga nella Chiesa di San Giuseppe a Sassari, avvolto dal tricolore sì, ma anche dai quattro mori della bandiera sarda.

Difficile anche appellarsi a ragioni di decoro, visto che di fronte al dolore spesso si indulge, lasciando che i famigliari e gli amici espongano quanto di più caro vi era stato per il defunto, non ultime le bandiere della squadre del cuore. Tant’è, alla fine le esequie si sono svolte come da rigido regolamento vaticano. Ma gli amici di Gigi non hanno rinunciato ad una piccola rivincita. Si sono infatti organizzati in fretta ed all’uscita dalla chiesa l’hanno accolto schierati con le bandiere del Veneto sollevate al cielo. Per fargli ombra, col leone di San Marco. Come avrebbe voluto, per il suo ultimo viaggio.

Marco Bonet

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