martedì 5 aprile 2011

Clandestini, braccio di ferro Berlusconi-Bossi. Minaccia elezioni anticipate

Premier in missione in Tunisia: "C’è la volontà di trovare una soluzione in amicizia". Ma il Senatùr minaccia elezioni anticipate. A Maroni l’onere di definire l’intesa anti-barconi. Poi la schiarita: la Lega apre ai permessi temporanei. Undici satelliti anti sbarchi per spiare le coste d'Africa.

Parlare di «rottura» sarebbe eccessivo. Ma non c’è dubbio che - per la prima volta da anni - la tensione tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi ha superato i livelli di guardia. Da alcuni giorni sull’emergenza immigrazione tra il Cavaliere e il Senatùr è di fatto un dialogo tra sordi. Con il primo che vorrebbe sposare una linea più morbida e magari applicare ai migranti in arrivo l’articolo 20 della Bossi-Fini che prevede il permesso umanitario provvisorio per sei mesi. E con il secondo che resta fermo su una posizione oltranzista e pretende non solo i respingimenti ma anche che le tendopoli si limitino al Centro e al Sud. Un atteggiamento, s’è sfogato più volte Berlusconi in privato, «irragionevole» con «la propaganda che vince sul buon senso». Già, perché applicando l’articolo 20 - come di fatto suggerisce anche la Commissione Ue e consiglia il Vaticano - consentirebbe ai clandestini in arrivo di essere regolarizzati provvisoriamente per sei mesi godendo dunque dei benefici di Schengen. Gli immigrati in questione, insomma, potrebbero circolare liberamente nell’Ue e secondo le stime di Farnesina e Viminale quasi l’80% dei nuovi arrivati se ne andrebbe in Francia e Germania dove si trovano i loro familiari. In questo modo, spiega l’ex sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano, «costringeremo l’Europa a farsi carico del problema».
Invece no. Perché Bossi non arretra. Tanto che con il Cavaliere è arrivato a minacciare le elezioni anticipate. Ragioni di «propaganda» in vista dell’imminente tornata amministrativa, ma pure motivazioni tutte interne alla Lega. Perché, spiegano ai piani alti di via dell’Umiltà, «il leader del Carroccio non riesce più a tenere insieme le varie anime del partito e ha bisogno di un nemico esterno su cui ricompattarli». Un vero e proprio braccio di ferro. Che inizia a preoccupare lo stesso Berlusconi perché, ha confidato in privato, «davvero Umberto non lo capisco». E che sta riaccendendo quella sempre sopita conflittualità tra Pdl e Lega. Non è un caso che ieri ben 62 parlamentari del Pdl abbiano firmato una lettera in cui si schierano con l’ex sottosegretario Mantovano e puntano il dito sul Carroccio. Perché, scrivono, «è indispensabile fare chiarezza sulla distribuzione degli immigrati nelle regioni italiane» e «distribuire le tendopoli in modo equo e proporzionato sull’intero territorio nazionale senza continuare a gravare solo sul Sud». Una lettera firmata da parlamentari di tutte le aree geografiche. Tutti problemi che ieri sono stati al centro di un lungo vertice serale a Palazzo Grazioli tra Berlusconi e lo stato maggiore della Lega (Bossi, Maroni, Roberto Calderoli, Roberto Castelli, Rosy Mauro, Marco Reguzzoni e Federico Bricolo). Durante il quale. in serata, il Senatùr avrebbe infine ammorbidito la sua posizione, fino a considerare possibile la concessione del permesso di soggiorno temporaneo.
E il fermo immagine di una tensione ormai palpabile sta tutto nell’incontro a Tunisi tra Berlusconi e il primo ministro tunisino Beji Kaid Essebsi. Un faccia a faccia non risolutivo, anche perché il governo di transizione della Tunisia è troppo debole per prendere posizioni impopolari. Il premier - accompagnato da Paolo Bonaiuti (sempre più vicino alla poltrona di ministro delle Politiche Ue, con il suo posto che dovrebbe restare scoperto e la «promozione» di un interno a coordinatore dell’ufficio stampa di Palazzo Chigi) - parla dunque di «forte volontà politica di giungere ad un accordo» con il governo tunisino che «si è impegnato in maniera forte sia sul fronte del pattugliamento che su quello dei rimpatri. L’Italia darà il suo aiuto mettendo a disposizione tutti i mezzi utili a raggiungere l’obiettivo. Il ministro Maroni ha lasciato in Tunisia una commissione tecnica e tornerà domani (oggi, ndr) per verificare i risultati». E sottoscrivere l’eventuale intesa. Insomma, è il messaggio del Cavaliere, ora tocca alla Lega metterci la faccia. Ed è per questo che il premier rimpalla su Maroni la questione. Perché nelle prossime settimane al Carroccio non venga in mente di scaricare le responsabilità sul resto del governo e continuare con la linea della «Lega di lotta».

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